The Corran Keepers

Le avventurose imprese di un quartetto di eroi sul mondo fantasy di Mystara.

04.03.03

Notte nella biblioteca di Edairo

"Eothien Nahar... chi sarà mai costui?"

I pensieri di Icegreen si inseguivano l’un l’altro, liberi di scorrazzare per tutta la stanza, occasionalmente distogliendolo dallo studio del vecchio tomo aperto sotto i suoi occhi. Era un antichissimo volume, della cui esistenza persino il patriarca Tiresias era all’oscuro. Sbucato fuori da una custodia di pelle di drago nero, dimenticato su uno scaffale della biblioteca del monastero. Ormai non stava nemmeno badando al contenuto dei fogli che aveva davanti, li conosceva quasi a memoria. Lo attiravano più le illustrazioni, dettagliate all’inverosimile, eseguite con un bizzarro inchiostro rosso. Riguardavano tutte le creature demoniache e diaboliche incontrate dall’autore, e rivelavano un macabro gusto per il realismo, quasi fossero dei ritratti di singoli esemplari piuttosto che di rappresentanti di una data specie. Ognuno di loro sembrava avere un carattere ben preciso, un nome proprio ed una personale storia di orrori ed atrocità commesse su mondi lontani.

Esigeva silenzio, Icegreen, quando si ritirava a studiare: silenzio assoluto. Nel cuore della notte le ore di lettura scorrevano lente e le nozioni di demonologia si accumulavano, facendo a guerra con i suoi dubbi e le sue perplessità per ottenere attenzione dalla mente del mago.

Le cose avevano iniziato a prendere una brutta piega poco prima che il nome di Nahar comparisse nella loro vita, per l’esattezza quando Moran aveva messo le mani sulla sua spada. Un acquisto di gran pregio, apparentemente. Bakul aveva chiuso il negozio apposta per trattare con l’elfo ed il ladro e prima del tramonto aveva intascato qualcosa come 50.000 monete d’oro; il valore di un piccolo castello, praticamente.

"Se solo fossi stato anche io lì, quel giorno..." pensò Icegreen con amarezza. In parte perché avrebbe voluto anche lui cercare qualcosa di utile per sé nell’incredibile emporio del mercante d’armi di Specularum, in parte perché avrebbe potuto forse impedire quell’acquisto.

Evidentemente era destino che quell’arma finisse nelle mani del suo amico ladro, "anche solo per passare un giorno nelle mani di qualcun altro", come avrebbe detto Hierax mesi dopo. Eppure la lama di Moran sembrava aver mietuto la sua prima vittima, quel giorno lontano da Bakul, senza che neppure se ne accorgessero.

"Ha ucciso il nostro libero arbitrio..." mugugnò il mago svoltando un’altra pagina. Icegreen si alzò, lasciando sul tavolo il pugnale dalla luminosa lama azzurra che usava a volte per leggere. Prese a vagabondare sotto le nere volte a crociera, fitte di nervature, della biblioteca di Edairo. La sua figura, ancora dritta e forte nonostante la stanchezza delle ore trascorse, appariva e spariva tra gli scaffali di legno nero, alti fino al soffitto. Accarezzando col dito i dorsi dei volumi ordinatamente catalogati, il mago si concentrò sulla sequenza degli eventi recenti, per capire quanto davvero fossero inguaiati lui ed i suoi amici.

Parecchio, ad un primo sguardo. Molto di più, riflettendoci attentamente. Icegreen si era sempre comportato in modo scherzoso e canzonatorio con tutti, amici e nemici. Prendeva in giro Moran per il suo aspetto e per la sua cavalleria, si comportava in modo irriverente e sarcastico con chiunque incontrassero, anche in situazioni drammatiche e di grande pericolo e non faceva passare liscia a Fëaringel nemmeno una scappatella, specie se finiva con un (raro) fiasco. Questo faceva sì parte del suo carattere gioviale, ma era anche una specie di paravento per i suoi veri pensieri. Era dura, in certi momenti, reggere il peso della conoscenza di un mago. Sapere quello che sapeva lui, parlare con Frennon e Comporellen, con Askhar Coeynion e Terari, Tiresias e Gamaliel e vedere le cose con gli occhi di un mago. Visto così, tutto era assai più complicato di quanto non apparisse ai suoi amici.

Icegreen sapeva bene di non essere accompagnato da degli sprovveduti, tutt’altro. Eppure percepiva distintamente la loro giovanile energia, il loro desiderio di lasciare un marchio sulla pelle del mondo, la voglia di affrontare imprese perigliose e guadagnarsi un posto tra le pagine dei bardi e dei cantastorie. Era questa, la semplice vita dell’avventuriero. Viaggiare, indagare, combattere, apprendere, soffrire, ridere, cercare una cosa importante mentre, inconsciamente, se ne perde un’altra. Persino Fëaringel, appartenente alla longeva specie degli Elfi, sembrava ben poco cosciente della propria età, e si gettava a capofitto nelle battaglie senza il minimo pensiero per la propria incolumità. Sapeva di poter contare sulla sua preziosa amicizia, eppure era certo che nemmeno sul loro compagno, l’Elfo Nero, era stata detta l’ultima parola. Gevurah, la spada di Moran, aveva sempre manifestato un qualche tipo di reazione in presenza dell’elfo. All’inizio pensavano fosse la spada che questi portava con sé, sulla cui indole infida e sanguinaria persino il Maestro Comporellen li aveva messi in guardia. Infine, dopo alcune prove, era risultato che era il solo elfo a far reagire la spada. Quante ore aveva passato a meditare sul legame che poteva esistere tra le due cose, e quanto era costato loro venire a capo di una parte del mistero.

Hierax aveva dato loro il primo indizio. Lo avevano incontrato mesi or sono, mentre andavano alla ricerca di Gowan, Cleon e Melpomenia, sulla strada per Ostland. L’aura di mistero che lo circondava si era pian piano dissipata, e l’onestà e la rettitudine morale del guerriero di Khalpen avevano compensato i punti ancora oscuri della sua storia personale. Questa storia, ormai era certo, riguardava anche la spada di Hierax, Vaigah. Simile a quella di Moran per fattura e potenza, emanava un gelido freddo dalla lama, così come la lama di Moran si scaldava fino al calor bianco in certe situazioni. Anche Vaigah sentiva la presenza di Fëaringel.

"E’ una sa-shull" disse Hierax un giorno che riuscirono ad entrare in argomento, lontano da orecchie indiscrete. "Come la mia, sebbene forse di lignaggio un po’ più nobile" continuò.

"Vuoi dire che porta il nome dell’artigiano che l’ha forgiata e che sono prodotte in più esemplari? Come la tua, la sua e chissà quante altre?" dedusse Icegreen.

"Non proprio. Diciamo che sa-shull è il nome della categoria di armi. Sono quasi certo che ne esistano vari esemplari, di certo almeno altre due sebbene ne ignori i nomi e i poteri".

"Come sei entrato in possesso della tua? Chi...?"

"No Icegreen, questo non puoi ancora chiedermelo" lo interruppe Hierax. "Mi fido di voi, e spero facciate altrettanto voi con me. Ma ci sono cose che è bene che io non riveli, ancora per un po’. Non sarebbe prudente.
Quest’arma mi è stata data dal mio Signore perché svolgessi con efficacia il mio compito di indagine e protezione, ma non posso aggiungere altro per ora".

"Come vuoi, aspetterò".

"Piuttosto", soggiunse Hierax con tono grave e preoccupato, "Non so se sia un bene o un male che Moran abbia trovato e comprato quella spada, che per inciso ha pagato una cifra irrisoria in confronto al suo reale valore, ammesso che sia quantificabile. Tuttavia è certo che queste spade siano a modo loro senzienti. Chi le ha create ha, diciamo così, dato loro delle istruzioni. Istruzioni che le spade seguiranno alla lettera. Non credere che si tratti di compiti volgari o banali come sottomettere questa nazione o uccidere il tale mostro.
Il loro disegno è assai vasto, io credo, e coinvolge molti piani d’esistenza e molte vite d’uomo o d’elfo. Moran, così come me, è solo un minuscolo tassello del puzzle. Può adoperare la spada a proprio vantaggio o per i propri scopi, ma stai certo che nel momento in cui la sua sa-shull si troverà in condizione di far avanzare la propria missione, sarà lei a condurre il gioco!".

"Vuoi dire che è pericolosa? Per noi, intendo".

"Forse, e forse no. Il suo scopo, durante la vita di Moran, potrebbe essere anche solo ed unicamente stare con lui fino alla fine, farsi seppellire nella sua tomba ovunque essa sarà, per essere ritrovata da chissà chi tra chissà quanto tempo".

"Sai almeno come si chiama? O perché si comporti in quel modo in presenza di Fëaringel?"

"Posso risponderti solo in parte, Icegreen. Le sa-shull, la sua come la mia, reagiscono all’alterazione dell’equilibrio tra i piani. Le nostre in particolare sembrano tarate su Mystara. Ogni volta che qualcuno o qualcosa proveniente da un piano o da una dimensione diverse da questa si trovano ad una certa distanza dalla lama, questa si attiva, ed è pronta per rispedire indietro ciò che riconosce come estraneo. E’ evidente che Fëaringel ha qualcosa di peculiare, e forse la sua natura non appartiene completamente a Mystara.
Quanto al nome della lama di Moran, ahimè lo ignoro. E’ scritto sulla lama, come per Vaigah. In una lingua antica come gli eoni, parlata forse solo da divinità ora scomparse. Anche la parola sa-shull è in quella lingua, e credo significhi emanazione, o manifestazione".

"Accidenti se aveva ragione!" pensò Icegreen accarezzandosi una vecchia bruciatura sul gomito sinistro. Un ricordino della prigione di Thaurgh, dove avevano scoperto molto altro sulla spada di Moran, su quella di Hierax, e sulla creatura più intrigante, astuta e pericolosa in vita su Mystara: l’Arcinquisitore Nemrodus di Ierendi.

Cercò di impedire ai ricordi di sommergerlo, e scacciò l’immagine della trappola mortale in cui si erano andati ad infilare per accoppare quell’essere, tutto sotto gli auspici di Nemrodus. Al loro ritorno, l’Arcinquisitore era stato di parola; a ciascuno dei quattro eroi aveva corrisposto una quantità d’oro più che generosa, oltreché molte informazioni. Quelle erano sempre la parte più pericolosa. Le desideravano, perché pensavano che un giorno avrebbero potuto salvarsi la vita grazie ad esse, ma le temevano anche, quando giungevano da dietro la maschera verde di Nemrodus. Ne avevano più che ragione, pensò Icegreen. Nemrodus non era uomo da rivelare nulla di più o di meno di quanto fosse necessario ai propri scopi. Da bravo burattinaio tirava con accortezza i suoi fili, dando alle persone come Ice, Moran, Fëaringel e Hierax molte nozioni su cui pensare, pilotando la loro curiosità in modo a lui confacente. Eppure quella volta doveva essere stato particolarmente prodigo di informazioni, forse volendoli premiare per il loro sprezzo del pericolo. Aveva voluto osare un po’ più del solito, forse solo per il gusto di vedere che effetti avrebbero avuto quelle notizie su di loro, spingendoli ad indagare a fondo, chiedendo per prima cosa a Bakul dove accidenti si fosse procurato quell’arma infernale.

"Non dev’essere del tutto cattivo; anzi, forse non lo è affatto. Potrebbe essere persino schierato con le forze del bene, a modo suo". Avrebbe detto Hierax poco dopo il loro ultimo colloquio con lui.

Chissà se si sbagliava...


Vergato col sangue da | 04.03.03 23:04