The Corran Keepers

Le avventurose imprese di un quartetto di eroi sul mondo fantasy di Mystara.

26.07.10

κατά κύμβας

Ottobre...

- Parla pure, Stahler. Siamo soli.
- Sì, mio Signore.

I due Nani, coperti di scintillanti cotte di oro e argento, si fronteggiavano. Erano in piedi, nel mezzo di una sala grandiosa, un ottagono di marmo grigio e bianco, sorretto da pilastri fitti di nervature. In ogni pilastro, quattro alcove contenevano le statue degli ultimi Re dei Nani della famiglia Everast. La luce che illuminava i due nani, fioca ma costante, sembrava provenire dalle lame delle asce di pietra delle statue.

- I nostri sacerdoti sono tutti dello stesso avviso, il Grande Artefice ha parlato loro in sogno, a tutti loro, e il responso é unanime: il mondo sta impazzendo, per metterla in quattro parole.

Il Re non commentó.

- Il Sommo Artefice ci ha avvertiti, le cose miglioreranno, ma molto prima di migliorare, peggioreranno - proseguí il generale.
- I nani non rifuggono certo la guerra - disse il Re. Non poteva esimersi dal fare un commento del genere, a ben guardare.
- Non si tratta SOLO di guerra. Folli stregonerie sono all'opera nei regni degli umani. Nelle foreste che confinano col nostro regno, nei cieli oscurati dalla nube di cenere incandescente, e nelle acque che le nostre genti bevono. Presto, creature mostruose vagheranno libere per la terra. Siamo stati avvertiti: gli umani non si fermeranno di fronte a NULLA per vincere questa guerra.
- Allora non vi é scelta. É deciso. Faremo ció che é giusto, e ció che ci riesce meglio.
- Sì, mio Re. Il Senato aspetta solo il vostro ordine-
- Andremo nelle profonditá. Prepara l'editto...


Novembre...

Nella tenda da campo, fredda e spartana, Moran scrutava rapidamente la lettera in codice alla luce di un braciere. Anche decodificata, si traduceva in un breve messaggio in Thyatiano, pieno di abbreviazioni e sottocodici.

Kata kímbas... mormoró il darokiniano. Il messo aspettava una sua risposta, mentre un cerusico gli bendava una ferita alla coscia. Presso le grotte, sotto la terra... incredibile.... Rilesse la pergamena un altro paio di volte per assicurarsi di aver capito bene il messaggio, poi la gettó sul fuoco, dove si accartocció in un istante. Alla sua scrivania, improvvisata su uno scudo da assedio appoggiato tra due sassi, Moran compiló in codice una breve risposta.

- Milord? - disse il messo, poggiando il suo peso sulla gamba ferita per saggiarne la resistenza. Era un soldato, non un postino, quello. Riflessi pronti, coraggio da vendere, abilissimo cavallerizzo, disposto a tutto pur di far arrivare i messagggi oltre le linee nemiche. - Io sono pronto - disse.

-Bene... Consegna la lettera al Cancelliere della cittá di Darokin in persona, e a nessun altro. Ha il mio sigillo sopra, dovrebbe bastare. Puoi andare appena te la senti, ma non piú tardi di domani notte, quando leviamo il campo.
- Sì milord.
- Ottimo lavoro, soldato. Va pure a riposarti ora, te lo sei meritato.
- Sì signore.
- Bene... ora, la mia armat...
- Lord Moran! - gridó un sergente, irrompendo nella tenda.
- Parla, svelto! - Moran fece cenno al paggio di sbrigarsi con le cinghie della corazza.
- I nomadi del deserto. Devono aver incontrato una compagnia di Karameikos prima del previsto, stanno ripiegando, e la loro via é esattamente attraverso questa valle!
- Quanti sono? - Moran ODIAVA visceralmente mettersi la corazza. Si sentiva impacciato, e per nulla al sicuro.
- Tre ad uno, Signore. Saranno qui tra meno di un'ora.

...una banda di predoni, staccatasi dal corpo principale...

- Richiama tutte le guide, subito! Prepara gli arcieri, ripiegate sul crinale, da ambo i lati. Avanzate a monte del campo, non devono vederlo finché non é troppo tardi! Duecento passi a nord, venti uomini sul lato nord, apriranno il fuoco per primi, per attirare la loro attenzione. Appena reagiscono o cercano di risalire il crinale, i trenta sul lato sud apriranno il fuoco a loro volta. Lascia tutti i fanti qui al campo, con le provviste ed i civili. Se raggiungono uno dei due schieramenti, rompete le righe degli arcieri e caricate al'arma bianca, chiaro?
- Sì signore! - disse il sergente, catapultandosi fuori.

- Ricordi quando ho detto che potevi andare appena stavi comodo? - disse Moran al messo. Il paggio aveva finito di allacciargli la corazza al petto e stava procedendo con gli schinieri. Moran lo congedó con un gesto impaziente. Aveva giá troppo ferro addosso. - Beh, cambio di programma: prendi un cavallo fresco e VOLA fino a Darokin City!
- Sì, Milord. Buona fort... -
- CORRI, DANNAZIONE! - lo congedó Moran allacciandosi il cinturone della spada, e afferrando l'arco. Il messo si dileguó, un pó zoppicante. Uscendo dalla tenda, Moran vide il sergente impartire gli ordini. C'erano dei piccoli errori qua e lá nelle manovre. Una faretra dimenticata, un cavallo a spasso, qualche soldato che non sapeva dove andare, ma non c'era modo di fare di meglio.

A Lord Moran,
Conte della Lama Ardente di Corran Keep,
Attaché senior dell'Ambasciata di Darokin a Ierendi
Signore, devo confermare, con stupore e rammarico, tutti i rapporti preliminari dei miei predecessori. Il Regno di Rockhome ha interrotto ogni rapporto diplomatico con i suoi vicini. Ha espulso tutti coloro che non avevano la piena cittadinanza, ovvero coloro che non appartenevano ad alcuna delle stirpi dei Nani, e ha condotto i suddetti profughi, tra cui anche personalitá di spicco degli Emirati e dell'Impero, alla frontiera Ovest, senza alcuna spiegazione. Spie ed avventurieri ingaggiati appositamente hanno riferito due fatti salienti. Alcuni corrieri di Rockhome si sono diretti di gran fretta verso le piú importanti comunitá di Nani dei regni vicini. Nelle settimane successive, diverse carovane di Nani si sono dirette alla volta di Rockhome, e nessuno le ha piú viste. Il secondo fatto é che le sale del regno dei Nani, anche le piú interne, sono del tutto deserte. Dalle case dei mercanti a quelle dei Senatori non é rimasto nulla se non le pareti. Non una sedia né una moneta d'argento é stata lasciata indietro. Gli accessi alle miniere sono stati sigillati, e cosí i cancelli principali delle cittá, che sono ora luoghi desolati e deserti. Vi contatteremo a breve con un nuovo rapporto alla cancelleria del Regno, ma le istruzioni preliminari sono di recarsi immediatamente a Darokin per essere preparati ad una missione diplomatica a Rockhome. In virtú della vostra conoscenza di lingua e cultura del popolo dei Nani, siete il candidato ideale.

In fede,
H.Halloran.

Diplomazia! - pensó Moran, con un ghigno sulla bocca. Avrebbe dovuto contattare Ronald, e presto... - ma non adesso. Adesso c'é del lavoro da fare, ci sono dei cani del deserto da ammazzare...

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25.07.10

La grotta sul lago

L'autunno era arrivato presto presto quell'anno. Troppo presto, pensó l'elfa. Negli occhi ambrati si leggevano la tristezza e la rabbia di chi vedeva la propria terra violata ed offesa. Una foglia secca si fermó sulla sua pelle. Volando via, lasció una piccola impronta. Tutto intorno, un sottilissimo strato di cenere si era gradualmente depositato. Siamo solo a settmebre, non é normale... pensó, avanzando con la spada in pugno. Si fermó sulle rive di un piccolo lago. Le acque, un tempo trasparenti, erano state oscurate dalla cenere, solidifcata in una fragile crosta. Senza luce, le piante erano morte, sul fondo delle acque. Il tanfo della decomposizione che ne proveniva costrinse l'elfa a recitare una breve formula, un semplice incantesimo per rafforzare la propria tempra.

Mancano pochi minuti al tramonto. Devo sbrigarmi, o sono perduta, si disse, accelerando il passo. Saltó di sasso in sasso sulla riva fangosa. La cotta di maglia che indossava, brunita e ben oliata, quasi non faceva rumore. Sotto un cielo giallo e sporco, Melpomenia raggiunse il lembo di terra che collegava la riva ad un piccolo isolotto. La strada era fatta di fango e sassi, ed emergeva solo alla fine dell'estate, per pochi centimetri fuori dalle acque. Avanzare era faticoso, specie in quell'afa. Le canne che crescevano ovunque le impedivano di vedere dove metteva i piedi. Almeno se c'é un arciere non mi vedrá arrivare, bisbiglió, cercando di darsi sicurezza. Impronte. Un corpo trascinato nel fango, doveva aver scalciato parecchio. Uno stivale. Il SUO stivale. Non si erano nemmeno preoccupati di recuperarlo. Chiunque li avesse presi, non aveva paura di essere inseguito, o aveva una fretta dannata. Melpomenia si fermó al limitare del canneto, per osservare la situazione. Il sole stava tramontando alle sue spalle, illuminando una scena grottesca: sull'isola, gli alberi un tempo alti e dritti si erano avizziti di colpo, avevano perso tutte le foglie e avevano cominciato ad intrecciarsi tra di loro. Un contorto groviglio di tronchi e rami spogli, dove i rovi avevano preso a crescere selvaggi. Era almeno la terza volta che incappavano in una simile scena. In tutta Alfheim, cosí dicevano le voci degli esploratori, gli alberi avevano preso a mutare, e strane creature, esseri che non si erano mai visti sotto le chiome degli alberi della sacra foresta, avevano preso ad attaccare le comunitá piú isolate, uccidendo, per lo piú, e a volte addirittura catturando. Di coloro che erano stati presi e portati via fino ad allora, non vi era piú alcuna traccia. Anziani, giovani, infanti, femmine e maschi, non c'era alcuno schema nelle sparizioni. Melpomenia, Cleon e Gowan avevano ricevuto una lettera da Comporellen in persona, erano stati richiamati a Sayshell per investigare, assieme a buona parte dei giovani che, solo pochi anni prima, si erano messi in viaggio in cerca di avventure.

- Perché non Fëaringel? - aveva chiesto l'elfa all'anziano maestro, dopo che il padre e la madre dell' Elfo Nero avevano lasciato la riunione.
- Perché temo per la sua salute. Ció che sta mutando gli alberi di Alfheim é pericoloso e misterioso, e il tuo vecchio amico non é piú lo stesso elfo che partí assieme a voi alla volta d La Soglia, tanto tempo fa. Ci sono corruzione e stregoneria all' opera in Alfheim, e non sono piú tanto certo che Fëaringel ne sia immune, non finché ha quella cupa lama al fianco...

Che ti é successo Fëaringel? Ci avresti fatto comodo in questa missione, questo é certo. Qualunque cosa che riesca a catturare Cleon e... Gowan, non va affrontata da soli, come sto facendo io... stupida che sono.

Avanzó rapidamente per poi buttarsi a terra dietro a una roccia. L'isola non era poi tanto grande, vedeva le acque dall'altra parte in uno dei pochi varchi tra gli alberi contorti. Sono cambiati, tutti, registró rapida la sua mente. Non erano malati, o morti ed avvizziti. Erano vivi, di una vita corrotta e deforme. I fumi che provenivano dal lago stavano gradualmente diventando impossibili da sopportare. Avanzó pancia a terra, trascinandosi su gomiti e ginocchia, la spada nell'incavo dei gomiti, fermandosi spesso ad ascoltare. Non c'é riparo nella foresta. Non esiste che mi appoggi ad uno di questi alberi per nascondermi. Notó una spaccatura nel terreno, a una cinquantina di passi dentro la foresta. L'isola era letteralmente tagliata in due, come dal colpo di una gigantesca ascia, da nord a sud. Le acque limacciose si insinuavano nel fiordo, lambendo l'entrata di una piccola caverna. le tracce andavano proprio in quella direzione. Sempre peggio... arrivo amici, tenete duro!

Melpomenia scattó. Percorse i cinquanta passi come se avesse il diavolo alle costole. Ad ogni passo, sentiva l'ostilitá della foresta crescere, la coscienza degli alberi destarsi, la loro consapevolezza della sua presenza sempre piú acuta. Saltó, ed afferró una radice sporgente all'apice dell'apertura. Vi oscilló attorno per cambiare direzione e si catapultó nella grotta, nelle tenebre. Atterró sui sassi di una spiaggia buia e fredda. I suoi occhi si adeguarono alle tenebre in pochi istanti. Vide subito che l'apertura dava su uno spazio molto piú grande di quanto non fosse possibile indovinare dall' esterno. II pavimento saliva oltre il livello delle acque di quasi un metro, per poi scendere, ripido, in un unica rampa di roccia liscia e scivolosa verso una tenebra cosí fitta che all'elfa basto uno sguardo per capire che non poteva essere naturale. Esploró la parte alta della rampa, in cerca di una serie di appigli per scendere in maniera controllata. Non c'era il tempo per piantare i chiodi ed usare la corda. Che cosa poteva essere in grado di scendere per una superficie del genere? Non fece in tempo a darsi una riposta che perse la presa sulla roccia, iniziando a scivolare, sempre piú veloce. La spada le cadde e prese a scivolare ancora piú rapida. Il pugnale non fece presa nella roccia, e in pochi istanti l'elfa acquisí una velocitá vertiginosa. Entrando a rotta di collo oltre il velo di tenebra che oscurava il fondo della grotta non poté fare a meno di urlare. Nelle tenebre, qualcosa la afferró, interrompendo la sua discesa. Un artiglio freddo e duro come osso le si chiuse intorno al polso, sollevandola da terra. Un suono sepolcrale, come il respiro di un moribondo, le giunse da una bocca nascosta in quel buio stregato. Il tanfo di decomposizione era qui veramente impossibile da sopportare.

- Aaalfhr... - gorgoglió la voce, profonda, possente.

Melpomenia riprese il controllo di sé, il tempo sufficiente per pronunciare un incantesimo. Era appesa per un polso, e completare la magia con una mano sola richiese un enorme sforzo di concentrazione, ma l'incantesimo le riuscí. Avrebbe annullato qualunque magia presente, almeno nelle immediate vicinanze, e almeno avrebbe visto cosa la stava trattenendo. Sentí la resistenza dell'incantesimo nella sua mente, la sentí indebolirsi, fino a venire meno. Le tenebre si levarono, lasciandoli in una caverna avvolta in un buio del tutto normale. La luce che proveniva dall'apertura fu sufficiente per vedere che un essere gigantesco, fatto di legno, la stava per infilare dentro un enorme bocca dai denti scheggiati. É la fine... - pensó - ...ma non me ne andró senza combattere! Provó a dimenarsi, ma senza successo. La sua spada era per terra, almeno tre metri piú in basso, la bocca le si avvicinava sempre di piú. Se solo potessi muovere le mani... Poi qualcosa colpí la creatura, col sordo tonfo di un ariete che si abbatteva sulle porte di una cittá. La presa si allentó. Nello stesso istante, dalla parte opposta della caverna, una luce accecante si sprigionó, ed una voce familiare inizió le prime parole di un incantesimo. Cleon! Qualcosa le passó roteando davanti, spezzando il ramo, un ramo! che la teneva in alto. Mentre cadeva, la stessa cosa che aveva spezzato un ramo le si avvolse intorno, portandola a terra e proteggendola.
- State giú!!! - disse la voce di Cleon. Melpomenia riconobbe le parole che stavano uscendo dalla bocca del suo amico. Si rifugío tra le braccia della creatura che la teneva bloccata a terra e chiuse gli occhi. In quella grotta il boato dell'esplosione causata dalla palla di fuoco fu terrificante, lasciando tutti assordati per un bel pó. Quando aprí gli occhi di nuovo, Gowan la stava guardando preoccupato. L'albero era stato spezzato in due dal colpo, ed il tronco continuava a bruciare, riempiendo la stanza di luce.

- Tutto bene? - le chiese.
- Sì, sì, certo. Tu?
- Un pó scottato sulla schiena, ma non é grave. - C'era in effetti un certo odore di carne bruciata.

Alzandosi in piedi, si riuní a Cleon, al centro della stanza. L'elfo le passó la spada, e la abbracció, grato di vederla sana e salva.

- Temevo di essere arrivata troppo tardi - disse.
- Quasi, Melpomania. Ci é mancato poco - ribatté l'elfo.
- Che é accaduto a voi due? - chiese guardandosi attorno. Contro un muro, erano stati tracciati dei glifi misteriosi con una vernice vegetale. Tra i glifi si vedevano delle tracce di sangue rappreso.
- Difficile dirlo. Stavamo tornando al campo per riferire su quello che avevamo scoperto. Strane bestie, dai copri mutati e distorti, avevano preso ad attaccare delle comunitá elfiche isolate. Come ci aveva detto Comporellen, potevano essere un effetto della nube di cenere successiva all'esplosione. A poche ore dal campo dove ci dovevamo ritrovare, qualcosa é andato storto. Gli alberi erano proprio come quelli di quest'isola, contorti, mutati. Credimi, questa cosa sta succedendo ovunque, come le sparizioni. Non sono fenomeni isolati... Poi qualcosa ha colpito sia me che Gowan. Un incantesimo, suppongo. Siamo andati giú come due tronchi di legno, completamente immobilizzati. Qualcosa si é avvicinato a noi e ci ha messo un cappuccio sulla testa. Siamo stati sollevati di peso e messi sul dorso di qualcosa di grosso, molto grosso, e... peloso. Credo. Non riesco a capire come si muovesse, non sentivo né il rumore di zampe, né di zoccoli, né di stivali. Nulla di nulla salvo un vago ticchettare. Siamo arrivati al lago, e a un certo punto mi sono accorto che stavamo scendendo, giù nelle profonditá di una grotta. Ho sentito distintamente la presenza della magia nera, come nella foresta, e come quando siamo stati paralizzati, solo che qui era, anzi é, ancora piú forte. Non si vedeva a un palmo dal naso e non c'era nulla che potessimo fare. Qualunque cosa ci abbia trasportati, se ne é andata, lasciando me per terra e Gowan... beh, evidentemente legato a una catena... -

Il ragazzo aveva in effetti una polsiera di ferro, attaccata ad una catena. La base della catena, che Gowan aveva strappato dal muro come fosse spago, era proprio vicino ai glifi.

- Beh, non so cosa fosse, né cosa volesse da noi, ma potrebbe tornare da un momento all' altro. Probabilmente con altri del suo genere...
- E l'albero?
- Una creatura stregata, un uomo-albero, normalmente una creatura amica degli elfi, corrotto da qualche stregoneria. Deve essere restato qui a fare la guardia. Non appena hai interrotto la paralisi, Gowan si é liberato, ed io ho attaccato.
- Che si fa adesso?
- Si torna di corsa da Comporellen, e si riferisce, ma non prima di aver copiato questi glifi.
- Ti do una mano...

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