The Corran Keepers

Le avventurose imprese di un quartetto di eroi sul mondo fantasy di Mystara.

24.01.04

Dopo la battaglia

La battaglia è finita. Le nere ore di veglia sono alle spalle. Ora, solo un sonno ristoratore aspetta gli spiriti esausti dei Corran Keepers dopo il tramonto. Meno di una luna è passata dalla fine dell'incubo, e solo ora, con l'approssimarsi della luna nuova e del fiorire della primavera, la vera stanchezza li assale. Passato l'entusiasmo, passata la gioia per la nuova libertà, passato il sollievo per la rinnovata sicurezza, la mente di un uomo comincia a cancellare e a rendere vago il ricordo delle epiche gesta. Sembra impossibile, ma nonostante tutto la mente dei mortali è così, che siano paladini o mugnai; troppo orrore, troppi sacrifici e troppo dolore non sono ricordi che gravano sul cuore di chiunque. Ecco quindi che la sequenza esatta degli avvenimenti sembra divenire nebulosa? Chi ha ucciso quel tale avversario? Chi mi ha inflitto questo colpo che ancora mi brucia?

Al di sotto di tutte queste riflessioni, una consapevolezza.

...Sybaros...

La torre dalle cupole di rame dorato è là, a Ierendi. Cosa si nasconde sotto di essa? Da dove deriva il suo potere? Perché si trova su Mystara? Come può un edificio coesistere in molte realtà contemporanee? Ma soprattutto, a cosa serve?

Il suo guardiano sembra una risposta eloquente a questo quesito. Nemrodus. Colui che è oltre il bene ed il male. Un Angelo o un Diavolo? O entrambe le cose?

Tutti, a Corran Keep, stavano cominciando ad intuire che tutto ciò che accadeva a Sybaros avrebbe avuto conseguenza sull'intera Mystara. Non basta trasferirsi a Sundsvall e dimenticare. Non esiste luogo dove nascondersi, in questo piccolo mondo, dalle proprie responsabilità...

Lord Zonta era morto, stavolta per sempre. Il suo castello era dell'Inquisizione ora, e così tutti i suoi segreti. L'isola di Elegy era sicura, e brulicava di avventurieri in cerca di gloria e ricchezza. Era stata la stessa Inquisizione ad invitarli, perché potessero, tornando a casa, riferire di aver visto la vera Ierendi incorrotta. Forte, rischiosa, ricca di bestie selvagge e di rovine antiche da esplorare. L'ottimismo sarebbe tornato a diffondersi, presto o tardi, e con esso sarebbero tornati i mercanti.

Anche Vairembre era sparito per sempre. La sua anima lacerata e spezzata, assorbita da Narbeleth assieme al suo sangue. Ora era preda degli Inferni di Orcus, e lì sarebbe rimasta fino alla fine del tempo. Le Nere Ostie d'Ombra erano state rimosse dai corpi dei Conti di Corran Keep, togliendo loro il potere di viaggiare nel piano delle ombre. Eppure le avevano tenute dentro di se ed usate per molti giorni. Erano stati nel piano delle Ombre, vi avevano sanguinato e lottato ed odiato, vi avevano provato paura e sete di sangue ed orrore. Nessuno di loro si illudeva che una cosa del genere potesse lasciare le loro anime intatte. Una sottile crepa era stata aperta nei loro cuori, dalla quale sarebbe uscita lentamente, me inesorabilmente, una flebile corrente di spirito. Forse la loro vita non sarebbe durata a lungo, forse si sarebbero "dissolti", divenendo un giorno o l'altro trasparenti ed invisibili, pallide ombre proiettate dal ricordo delle loro eroiche imprese.

Poggiati sul panno rosso, verde e nero del tavolo della Sala delle Armature, tre oggetti stavano lì a guardarli. Davano loro speranza, scacciavano i loro pensieri cupi. Origine unica o quasi di tutti i loro guai, le due sa-shull e Narbeleth parlavano loro anche di trame fitte ed intricate. Nessuna di quelle armi cadeva per sbaglio nelle mani di qualcuno, aveva detto Hierax a Moran, molti mesi prima. Forse non avevano sbagliato tutto nella loro vita, e forse il destino esisteva davvero. Un ottima scusa per non autocommiserarsi troppo, il destino. Oppure per accettare con serenità e animo saldo i colpi bassi della vita.

"Il nostro destino ha forse di gloria in sorte?", chiese Moran. Geburah, la spada rossa, mandò un debole bagliore, una impercettibile pulsazione. Vaigah rispose col bianco candido, e Narbeleth fece eco, facendo piombare la stanza nell'oscurità. Solo una debole brace nel camino resisteva alle tenebre. Poi tornò la luce.

"Ora le nostre spade sono libere dal controllo di Nemrodus. Lui stesso ce lo ha assicurato. Possono finalmente guidarci lungo la nostra strada", mormorò Hierax da un angolo della stanza.

"Ora siamo liberi" disse Fëaringel. Si avvicinò a Narbeleth e tirandola a sé con la punta sul tavolo ne trasse una nota pura e squillante. Moran gli si accostò ed impugno l'ampia e robusta elsa di Geburah, appezzandone il tepore. Vaiga, senza un suono, comparve nelle agili mani di Hierax.

"...liberi...", mormorò Ice Green accostandosi ai pesanti scuri della finestra. Si voltò per un attimo verso di loro, ed anche nel buio furono tutti certi che stesse sorridendo. La finestra si spalancò e la vita rientrò nella buia e fredda sala. Di colpo, il martellare delle fucine in cortile, le risate dei soldati, i rumori della giungla davanti al Forte li riportarono alla realtà.

"...liberi, sì! Liberi di seguire il nostro destino. Non di scegliere l'epoca in cui nascere, questo no. Né liberi di sapere se saremo all'altezza, o se il nostro fallimento trascinerà sul fondo tante persone quante ne innalzerà alla gloria eterna la nostra vittoria. No, non siamo liberi di fare tutto. Di una cosa però nessuno potrà mai privarci".

I suoi tre amici erano ormai dietro di lui, e guardavo insieme l'ampio tetto verde degli alberi, il mare, le isole e le montagne lontane.

"Della libertà di scegliere che cosa fare del tempo che ci viene dato su questa terra, e di lottare per essere ricordati!", terminò il mago.

"Noi nasciamo poveri", disse Hierax a voce bassa. Sembrava stesse citando una frase che aveva letto o sentito tempo prima, imparandola a memoria. "Ogni uomo non ha che queste sue mani, e muore povero, come uno schiavo. Tuttavia se qualcuno disegnerà i suoni della sua storia, costui potrà dirsi ricco".

"Si, quell'uomo potrà sicuramente dirsi ricco!" disse Moran, completando la citazione.

"E libero", mormorarono assieme Rin Galen e Fëaringel.

Il mondo, là fuori, li aspettava...


Vergato col sangue da | 24.01.04 14:34