The Corran Keepers

Le avventurose imprese di un quartetto di eroi sul mondo fantasy di Mystara.

11.08.05

Vicini di casa…

Bizzarra città questa Port Lucinius. Pare proprio che la gente, in barba alle flotte da guerra Thyatiane, ci venga solo a fare il bagno e a passeggiare. Perché un uomo sano di mente debba passare sette-otto ore sotto il sole ad impastarsi di povere e sabbia rovente per poi darsi il colpo di grazia tenendosi il sale marino addosso, resta un mistero.
Entrando in città sono passato dalla Porta Est e la guida, un certo Xander, mi ha fatto notare una cosa curiosa. C’è presso la Porta Est una specie di fortezza naturale alla base della scogliera. E’ un braccio di roccia, fatto da alti e stretti pinnacoli come quelli che fanno i fanciulli con la sabbia della battigia, che curva su se stesso formando un muro invalicabile, ma visibile solo se osservato dai lati corti. Pare fosse un rifugio di banditi, in tempi ormai lontani. Oggi è abbandonato e, a ben guardare, anche bello minaccioso. Tutta un’altra cosa rispetto al Tempio di Anxur, in cima alla stessa parete, scuro e forte delle sue molte colonne. Ebbene, alla base di questo strano muro c’è un arco di pietra, fatto da tre giganteschi monoliti. E’ spoglio, nudo, semplice, anche bruttino, eppure ha qualcosa di insolito. Tramite esso si doveva accedere, dice la mia guida, al cuore stesso della roccia, forse alla rete di cunicoli che i banditi usavano per il contrabbando. Dico “doveva” perché è stato murato così tanti anni fa che nessuno ricorda più quanti. Chiedo a Xander perché sia stato chiuso.

“Perché era una tana di ratti e altre bestiacce. Che altro motivo ci sarebbe stato sennò? Sgominati i banditi sarà diventato un posto lurido, io penso, che deve aver portato solo malattie e immondi miasmi” mi risponde Xander, compiaciuto di poter fare l’erudito su un fatto avvenuto secoli prima della nascita del suo trisnonno.

Dritto davanti ad esso, solo ed un po’ triste, sta un arco trionfale di pietra e marmo, l’ultimo rimasuglio dell’antica Cinta Muraria del culto degli Unti, i cui possedimenti si estendevano fino a lì, dalla capitale Thyatis. Ben novanta miglia di raggio, e forse molto di più. Ho chiesto spiegazioni a Xander sugli Unti e mi ha detto che essi si sono rifugiati ormai da tempo nella sola capitale di Thyatis, dove ha sede la loro maestosa chiesa centrale, ma che il loro culto ebbe origine assai più lontano, proprio dove sto andando io, a Mukàddasat, quasi duemila anni fa. So di mio che questi Unti hanno ingaggiato eterna lotta con le potenze inferiori, o sottostanti. Insomma, la traduzione di “infernali” non è molto chiara, ma non devono certo essere dei bravi ragazzi, se vivono sottoterra. So anche che queste potenze tentano di uscire, in continuazione, per dominare e corrompere (soprattutto la seconda) il mondo dei vivi.

E’ dunque giunta al mezzo la mia seconda notte a Port Lucinius, giusto il tempo di riposarmi dal lungo viaggio e riordinare le idee. Domani si parte per Thyatis, e solo grazie ad un colpo di fortuna non più vecchio di qualche ora (prima o poi lo scriverò sul diario…). So anche che Caranwen sarà al porto ad aspettarmi. Pur partendo lo stesso giorno, ci imbarchiamo su due navi diverse per maggior sicurezza, con la promessa di ritrovarci a destinazione, nella città di Abib.

Ora, dopo aver ripensato per ore alle due strane porte che si guardano, mi è venuta un’idea assurda. La Porta degli Unti, dritta davanti a quello strano arco di pietra. Entrambe abbandonate, continuano a fronteggiarsi da chissà quanti anni. Un covo di banditi con una porta di pietra in bella vista sulla strada…qualcosa non torna. Prendo la cappa, la daga, la lanterna e corro in strada. A quest’ora una galoppata mi attirerebbe solo le bestemmie dei locali, che vengono qui a riposarsi; andrò a piedi. Giungo alle due porte in quella strana ora poco prima dell’alba in cui si dice che il giudizio divino incomba sulle anime dei dormienti, giusti ed ingiusti. Attraverso lo spiazzo tra le due porte: quella degli Unti si comincia ad intravedere col primo schiarirsi della parte alta del cielo; quella di pietra, invece, resta nascosta. Mi accosto con la lanterna e ne esamino il lastrone di duro marmo che la chiude. Nulla di strano, non a prima vista. Guardo meglio. Graffi, no, simboli, rune, forse. Di certo glifi di potere, anche se non so tradurli. La lastra è stata messa dall’esterno questo è certo, ma non per impedire l’accesso, bensì l’uscita. E’ una porta che chiude qualcosa DENTRO la montagna! D’improvviso non mi sento più tanto solo, anzi, sono in pessima compagnia. Anche se penso che sia tutto nella mia testa, che siano “solo” i miei demoni personali, che la paura per le incognite del viaggio mi stia suggestionando, la mia daga scivola spontaneamente dal fodero, alle labbra affiora un incantesimo.

Poi tutto passa in un sol colpo, e sorrido; con i colori del mondo ritorna anche la mia serenità.

“Tsk, che stupido che sono!” .

Scuoto le spalle e, con una mezza risata, rinfodero l’arma.
Sono felice che stia già albeggiando…


Vergato col sangue da | 11.08.05 10:43