The Corran Keepers

Le avventurose imprese di un quartetto di eroi sul mondo fantasy di Mystara.

11.08.06

Un salto difficile

"Come scendono in battaglia?"
"È un esercito molto tradizionale. Hanno ottimi arcieri, usano la magia sciamanica e la cavalleria monta veloci rettili come quelli che avete visto nella giungla e che gli Azcani addestrano alla guerra."
"Chi li conduce?"
"Hanno dei generali, naturalmente. Uno per ogni battaglione, e un comandante..."
"E se perdessero il comandante?"
"Il comandante potrebbe essere addirittura il re, per quello che sappiamo di loro. Un colpo alla testa e l'esercito in teoria potrebbe anche disperdersi."
"Mmmh... possiamo attaccare il capo."
"E come? Sicuramente è al centro dell'esercito, in posizione protetta. Non abbiamo tutti gli uomini per tentare un'impresa del genere, e anche se li avessimo sarebbe un suicidio. Ne morirebbero troppi."

Eppure... una soluzione ci sarebbe, ma non so se posso farcela.
Certo che puoi, Elfo. Basta volerlo.
Sai qual è l'unico dubbio? Che tu possa farmi uno scherzetto dei tuoi e non farmi saltare fuori.
Se non tenti non potrai mai saperlo.
Le premesse non sono delle migliori. Ma per morire così...
Ricorda sempre, Fëaringel: molti nemici...
Molta gloria.

"Non è detto che si debba tentare in tanti."
"Ah! Senti, Elfo, non so che esperienza abbia tu di battaglie, ma qui dobbiamo essere operativi e pronti a tutto. Questa non è una schermaglia nella giungla. Nel caso non te ne fossi accorto, abbiamo un esercito davanti alle mura."
"Potrei tentare io una sortita per far fuori qualcuno dei generali. Potrei provare anche un attacco al comandante."
"Hai in mente quello che sto pensando io, Fëaringel?".
Però! Ha intuito il vecchio Moran.
"Vuoi farti uccidere? Prego, la scelta è tua, ma io come comandante dell'esercito alphatiano, di cui anche tu fai parte, non autorizzerò che un mio uomo muoia in un'impresa che so già essere impossibile. Perciò tu rimarrai a combattere con noi o in uno dei gruppi che attaccheranno ai fianchi l'esercito nemico."
"Lasciatelo parlare, comandante. Credo che la sua proposta non sia del tutto impossibile."
"E allora siate così gentile da spiegarmi, messer Moran, come il vostro amico intenderebbe passare in mezzo a tutti quei guerrieri per arrivare al loro capo. A spadate, forse?"
"A spadate forse no, ma con la spada c'è una buona possibilità", intervengo io.
Oh, oh, Elfo, ci diamo ai giochi di parole, adesso.
Moran se lo aspettava e abbozza un sorriso. Hierax, al solito, considera valide tutte le possibilità. Rin Galen si distrae dalla sua spiegazione sulle migliori tattiche di guerriglia: sarà perché non è venuto in mente prima a lui o perché Narbeleth supera la sua conoscenza, ma il suo ghigno supponente si attenua appena.
"Secondo me è troppo pericoloso. Quella spada non sai controllarla bene."
"Questo lo dici tu. E poi, morto per morto..."
"Lo dico io a ragione. Il problema è che qui saresti morto, non so."
"Senti Rin Galen, se nemmeno provo non sapremo mai niente. Vairembrë si muoveva così e sai bene che cosa ha fatto."
"Vairembrë è diventato schiavo di quella spada e poi ha cercato di farci fuori tutti!"
"Sarà anche così, ma io non rimango qui ad aspettare di essere bruciato da selvaggi in armatura."
"Si può sapere di cosa state farneticando? Non so cosa abbiate in mente, ma qualunque cosa sia vi ordino di metterci a conoscenza dei vostri pensieri, signori, in nome dell'obbedienza che avete giurato all'esercito alphatiano!"
Moran diplomatico si intromette nel discorso.
"Generale, il mio amico Elfo possiede uno strumento potente che potrebbe usare per un'azione diversiva..."
"E allora? Cosa aspetta ad usarlo?"
"Il fatto è che questo strumento ha alcuni effetti che il nostro amico non è in grado di controllare perfettamente."
Ci mancherebbe altro, ladruncolo da strapazzo! Dove vogliamo mettere il libero arbitrio?
"Si tratta di un oggetto magico..."
L'alphatiana guarda sprezzante Moran.
"So che nelle terre da cui provenite l'uso della magia è considerato con superstizione e ignoranza, per cui forse non potete sapere che qualunque oggetto magico non è perfettamente controllabile."
"Ecco... non intendevo questo... è che si tratta di un oggetto davvero molto potente, di cui non conosciamo esattamente la portata..."
Forse è meglio che qualcuno lo aiuti, evitando di far intervenire quel mago con le sue spiegazioni saccenti.
"Si tratta della mia spada, generale. Mi aiuta a muovermi attraverso il Piano delle Ombre e..."
"Un oggetto potente. Bene, cosa puoi fare?"
"... ma non so con assoluta certezza se riesco ad uscirne."
"Questo lo considereremo in seguito. Cosa sei in grado di fare con quella spada?"
"Posso muovermi verso il centro del loro esercito attraverso il Piano delle Ombre e uscire vicino al comandante per colpirlo di sorpresa."
"Mi sembra una buona strategia, se è fattibile. E dopo?"
"Magari perdendo il capo si disperderebbero. Ma potrebbero esserci dei problemi..."
"Come sempre quando si usa la magia, anche peggio in questo mondo con i parametri alterati. Va bene, sei autorizzato a tentare la sortita."
Mi piace come ragiona questa donna.

L'esercito azcano è alle porte e noi siamo senza via d'uscita. Tutti mi guardano come se fossi la loro ultima speranza, ma non so se sarò in grado di mantenere la promessa che ho fatto a tutti loro.
Comunque, ormai è deciso. Come dice Narbeleth: molti nemici, molta gloria, ed è sempre meglio morire dopo averne ammazzati molti piuttosto che aspettarli e fare la fine del topo.
Il salto nell'Ombra non è difficile - sarà peggio uscirne - e nemmeno camminare in mezzo all'esercito nemico. È come camminare dentro una cortina di fumo denso, che si adatta al mio incedere spostandosi come per una leggera raffica di vento. Percepisco uno sbandamento - come se avessero un capogiro per un malore - negli Azcani che incrociano il mio cammino, e allora cerco di non toccarli per non trasmettere sensazioni di pericolo.
Non ho riferimenti qui, non so dov'è il loro capo. Decido di muovermi verso la direzione in cui mi sembra che la cortina si infittisca. Intepreto il segnale come se aumentasse il numero delle persone verso il centro dell'esercito o come se i soldati siano qui più forti e maggiormente armati - la guardia del comandante? -.
Non sbaglio: in fondo Vairembre percepiva esattamente i suoi bersagli dal buio del Mondo delle Ombre e attaccava a colpo sicuro. L'improvvisa consapevolezza di questa mia capacità mi fa venire un brivido e un pensiero preoccupato, subito interrotto da Narbeleth.
Oh, oh, Elfo, sembra che qui ci sia il pesce grande.
In effetti qualcosa di grosso c'è, e da come ondeggia sembra essere un enorme rettile come quelli che abbiamo visto dall'alto delle mura. Intorno ce ne sono altri tre o quattro appena più piccoli.
Sembra che ci siamo, Fëaringel caro. Molti nemici e belli grossi.
Lascio perdere il sarcasmo della spada e tento di uscire per saltare addosso al comandante, sperando che sia effettivamente lui, ma la tensione e la voglia di restare qui, al sicuro, sono troppo forti. E fallisco.
Una. Due. Tre. Quattro. Intorno sento il nervosismo aumentare, gli animali percepiscono una presenza strana che li fa agitare. Cinque. Sei volte! Sette!
Che hai, Fëaringel, ti trovi bene qui?
NO!!
Il passaggio questa volta è buono, e senza nemmeno aspettare di vedere cosa ho intorno spicco un balzo verso la creatura più grossa menando una spadata con tutte le forze che ho al cavaliere che la monta. Sento la corazza che si spacca e la lama che affonda nella carne del comandante azcano, mentre tutto intorno i suoi pretoriani - sei, non tre! - ancora cercano di orientarsi e di capire cosa sta succedendo.
Il rettile su cui sono saltato, privo di guida, si imbizzarrisce mulinando fendenti con la coda alle cavalcature dei pretoriani, sbalzando di sella il corpo privo di vita del comandante e facendomi volare in mezzo alle zampe enormi degli altri rettili, che calpestano tutto intorno mentre i cavalieri tentano di colpire l'ombra che hanno visto volare giù dopo avere visto stramazzare il loro capo.
Schivo lame e zampe mostruose, menando qualche colpo con la forza della disperazione e tentando il salto nell'ombra, ma sento il bruciore di almeno due colpi - per fortuna di striscio - prima di ritrovarmi al sicuro nella cortina dell'esercito nemico che ora si agita turbolenta tutto intorno a me senza che possa più farmi del male.
Già finito? Questi continuano ad avanzare.
Si, questo dovevo fare e questo ho fatto e adesso rientriamo in città.
Non tento nemmeno di schivare i loro corpi come ho fatto prima, anzi li attraverso in maniera deliberata. Sento qualcuno, forse più debole, che si accascia al suolo senza vita e questo mi dà la forza per rientrare in città.
Quasi come se niente fosse successo, la cortina fumosa dell'esercito nazcano continua ad avanzare intorno a me.
Speriamo che in città riescano ad organizzare in tempo una difesa o un piano per la fuga.


Vergato col sangue da | 11.08.06 12:29