The Corran Keepers

Le avventurose imprese di un quartetto di eroi sul mondo fantasy di Mystara.

04.08.10

Il Giardino nel Deserto

Il governatore Theophilo Magentius, si affacció agli spalti di Biazzan. Il pomeriggio era giá finito, e la fredda sera stava scendendo sulla sua cittá. Un sottile strato di neve si era accumulato sulla pietra delle mura.
Megentius aveva vissuto a Biazzan, servendo l'Impero in quella posizione, per piú di quindici anni, ed era arrivato ad un passo dalla promozione. Sarebbe potuto diventare un importante, e ricco, funzionario diplomatico, di lí a poco. Avrebbe potuto passare gli ultimi anni della sua carriera a godersi una posizione di prestigio in una delle cancellerie dell'Impero, nonostante la guerra con Alphatia.

Il suo sogno era svanito in una sola notte. Stava leggendo i rapporti che si erano accumulati sulla sua scrivania, come faceva ormai da settimane. La guerra lo costringeva a lavorare fino a tardi, rispondendo a lettere e leggendo un'infinitá di resoconti. Freiburg era ancora sotto assedio, diceva un rapporto, e le cose non si mettevano bene per i cavalieri Heldann. La cosa non sorprese il governatore per niente. La faida era iniziata meno di due anni prima, con un incidente in territorio del Gran Khan. Un gruppo di missionari, se cosí si potevano chiamare dei preti coperti da corazze d'acciaio ed armati di spade lunghe quanto un uomo, erano stati trovati pieni zeppi di frecce. Il governo del Khan aveva negato tutto, ma la cosa non aveva certo messo il cuore in pace ai Paladini e il Gran Maestro Von Klagendorf non se lo era fatto ripetere due volte. Il tempo di radunare un po' di informazioni, e l'estate successiva i Falchi da Guerra dei Cavalieri avevano sbarcato interi battaglioni dii cavalleria pesante in territorio Ethengar, uccidendo ogni uomo, donna e bambino sulla loro strada. Non lo sapeva quasi nessuno, ma il casus belli non era stata l'uccisione dei cavalieri in estate, quanto l'incompetenza del loro capitano, che si era fatto un punto d'onore di sbeffeggiare ed insultare ogni singolo Ethengariano incontrato per la sua strada. Dire che se l'era andata a cercare era dire poco, e alla fine un gruppo di giovani cavalieri delle steppe aveva deciso che la misura era colma, ed in un attacco a sorpresa aveva ridotto a puntaspilli il Capitano e la sua truppa di zelanti paladini di Vanya.
Anche se la rappresaglia degli Heldann era stata veramente smisurata rispetto all'offesa subita, Magentius restó comunque sorpreso quando arrivarono le prime notizie dell'invasione. Reputava il Gran Khan un uomo cauto, e poco interessato, in quel momento, a mettersi contro gli Heldann. Ci doveva essere l'istigazione di sua Maestá, la Saggia Eriadna, dietro un attacco lampo cosí ben riuscito. Oppure era stata semplicemente la nube di cenere che si era levata da Darokin a spingerli fuori dai loro territori, chi poteva saperlo...

Nei Possedimenti Heldann, le armate del Khan avevano distrutto diversi ponti strategici, e nell'inverno inclemente, la pesante cavalleria dei guerrieri del nord aveva il suo daffare ad inseguire i piú agili e leggeri cavalieri del Khanato. Freiburg sarebbe durata molti mesi, anche contro il migliore degli assedianti, ma non poteva resistere in eterno. Quello era proprio un brutto inverno, per l'Impero. Dopo gli Heldann, alleati informali di Thyatis, era stata la volta del castello di Redstone. Alphatia si era presa West Portage quasi un anno e mezzo prima, soprendendo una Thyatis fiacca e svogliata, corrotta e guidata da generali incompetenti. Il culto di Vanya aveva poi ripreso piede nella cittá, i giochi di gladiatori si erano moltiplicati, i venditori del frutto Zoonga erano stati arrestati e trucidati e l'entourage della bellissima Helena Ledamiades si era dato ad una conveniente clandestinitá. Un vero peccato, perché di quelle feste si raccontavano cose dell'altro mondo, aveva pensato il governatore mettendo un sigillo di ceralacca ad una lettera. Beh, Redstone era una fortezza quasi imprendibile, il bastione dell'Impero sull'Isola dell'Alba. Anche Alphatia si sarebbe dovuta prendere una bella pausa ed organizzarsi per un lungo e costoso assedio, prima di poter conquistare quella cittá. Le cose si mettevano sempre peggio per l'Impero, ma Magentius era ancora convinto che si sarebbero risolte in suo favore. Era a Biazzan, il ricco confine con gli Emirati di Ylaruam, e non aveva nulla da temere da un'accozzaglia di barbari e nomadi che preferivano passare il tempo a scatenare faide familiari.

Poi, quell'inverno, era arrivato il Profeta. O meglio, un profeta. Tra le sabbie del deserto, tra colpi di calore e sete, pensava Magentius, non doveva essere difficile darsi a deliri mistici. Sfortunatamente quel profeta era diverso. Era fortunato. O molto in gamba, o entrambe le cose, o forse aveva degli amici potenti, anche questo, forse, non lo si sarebbe mai saputo. Aveva unito in un tempo incredibilmente breve diversi clan grandi e piccoli, in una coalizione che, si sapeva, non sarebbe durata un anno. Piú che sufficiente a fare danno, purtroppo. La loro filosofia sembrava ricalcare le orme del culto dell'eroe Al-Kaleem, ed il suo sogno di trasformare le sabbie degli Emirati in un giardino fiorito, ma era allo stesso tempo un credo fanatico, passionale e brutale, volto alla conquista ed all'espansione. Chissá cosa era stato promesso loro se avessero preso una, due, tre cittá dell'Impero. Bottino? Gloria?

I seguaci del "Giardino del Deserto" avevano oltrepassato le montagne a tempo di record, e avevano preso la cittá di Fort Nikos in una sola notte. Il comandante, suo figlio, aveva preferito arrendersi piuttosto che essere la causa di uno spargimento di sangue. Ora quegli sciacalli erano alla sua porta. I profughi di Fort Nikos domandavano acqua e riparo, nel cuore dell'inverno, ed il morale delle sue truppe era sotto terra. Se avesse decretato la resa, probabilmente, non sarebbe morto nessuno. Almeno, quasi nessuno, o non per causa delle armi. Fame e freddo avrebbero mietuto molte piú vittime delle curve spade giunte dal nord. Se invece avesse deciso di combattere, in molti sarebbero morti, e la cittá sarebbe probabilmente caduta lo stesso. L'Impero, tuttavia, non si sarebbe ritrovato con un nuovo nemico a due passi da casa, e la sua carriera politica, se fosse uscito almeno in pari dallo scontro, ne avrebbe beneficiato. Quante vite valeva la sua gloria? Quanti soldati gli sarebbe costato quel posto di Diplomatico? E non era la guerra, dopotutto, a domandare sacrifici? Con un discorso ben ispirato avrebbe potuto di certo convincere i suoi a resistere, almeno fino all'estate, o all'arrivo dei rinforzi da Thyatis. E se la coalizione di nomadi si fosse sciolta nel frattempo, come la neve che si era accumulata sul parapetto...

Sono solo barbari, dopotutto... disse, spazzando via la neve dal parapetto con un colpo di mano. Si avvolse nella sua pelliccia, e si avvió rapido verso il mastio.


Vergato col sangue da | 04.08.10 00:23