The Corran Keepers

Le avventurose imprese di un quartetto di eroi sul mondo fantasy di Mystara.

14.08.04

Corso di spada. Parte 2: “Un Maestro dimenticato”

Fëaringel ripensava al discorso avvenuto la mattina precedente, percorrendo l’unico ed infinito corridoio nel quale erano state trasformate le spire della Torre di Sybaros. La porta dell’ufficio di Nemrodus era ormai vicina.

“Tu devi esserti bevuto quel poco di elfico cervello che eri riuscito a conservare!”, aveva sbottato Moran.
“La cosa mi fa un certo ribrezzo, ma il Ladro ha ragione. Per una volta che potevamo comandare noi, ti sei giocato il credito acquisito. Per ottenere cosa, mi chiedo!”. Ice li aveva raggiunti con un sacchetto di mele, e le stava distribuendo lanciandole in mano ai suoi amici. Non sembrava eccessivamente risentito del gesto di Fëaringel, ma non doveva nemmeno averlo apprezzato, se la cosa lo aveva spinto a dare pubblicamente ragione a Moran.
“Vuoi sapere cosa farei io?”. Hierax, la voce della saggezza. Uno che non gli era saltato addosso, ma che aveva proposto delle soluzioni. “Io andrei da Nemrodus a dirgli che ci hai ripensato, e poi andrei dritto filato da Valdaster. Per due motivi: primo, se c’è un uomo su questa terra che tiene una spada in mano meglio di me e di Ashoka, quello è lui. E, secondo, abbiamo sudato sangue assieme per uccidere Ferlha Morrh. Per lui siamo come fratelli ormai. Non ti negherà il suo aiuto e ci metterà tutto l’impegno di cui è capace”.

Ci aveva dormito sopra una notte, ed infine si era risolto a parlare con Nemrodus. La porta dell’ufficio dell’Arcinquisitore si stava or ora aprendo davanti a lui.
“Avanti, Fëaringel. Devi dirmi qualcosa?”.
Beh, QUESTO era insolito. Nemrodus stava beatamente giocando a tirare una palla di pelle bordeaux dentro un piccolo cerchio con una retina sul bordo, appeso di fianco alla sua scrivania. Mise la palla a posto ed attese la risposta dell’elfo.
“Eccellenza, le volevo dire che ci ho ripensato”, disse Fëaringel.
“Ma davvero? E a che cosa avresti ripensato?”, chiese Nemrodus.
“Al maestro di spada. Pensavo che non voglio prendere un impegno tanto serio e prolungato con un maestro di vostra fiducia, anche se non ho ben capito chi lei intendesse proporre”. Pausa. Fëaringel aspettava un’interruzione, ed invece Nemrodus rimase zitto a guardarlo e attese.
“Preferirei”, proseguì Fëaringel, “un maestro più ortodosso. Pensavo a Valdaster Cirya e quindi... beh, guardi, non è per sembrare scortese o ingrato ma io...”
“Nooo, no, hah, humpf, Fëaringel, vedi, non ti devi giustificare con me. Capisco che sei in imbarazzo. Prima mi dici di sì, poi mi dici di no, un po’ non ti fidi di me, un po’ hai paura a dirmelo. Ma sta tranquillo, è tutto a posto. Nessuno appenderà la tua anima ad asciugare da un terrazzo di Sigil solo perché ti sei pentito di una scelta. Certo, mi avrebbe fatto piacere averti ospite qui a Sybaros. Non ci vediamo che a spizzichi e bocconi, impegnati come siamo. Però sì, dai, tranquillo! Non è successo niente e non sono offeso. Anzi, mi complimento con te per la scelta. Valdaster è davvero un eccellente spadaccino. Buon pro ti faccia averlo designato come tuo maestro! Ora, c’è altro che devi dirmi?”.
“Uh? Eh? Che? Io... no... no, no! Va bene così eccellenza. Ecco, solo che non mi aspettavo... ma va bene, va bene, mi fa piacere che non vi siate risentito. Piuttosto, il mio credito presso di voi?”, chiese l’elfo.
“Intatto ed immacolato. Ti devo ancora un favore. Ora, se non ti secca, dovresti andare via. Sono molto occupato. Buona giornata, ragazzo mio! ”, concluse Nemrodus.
Mentre l’elfo si allontanava, credette di udire un rumore provenire dall’ufficio di Nemrodus. Ritmico e cadenzato come un orologio. Come di una palla che sbatte sul pavimento. Si chiese quanto fosse veramente impegnato l’Arcinquisitore...

“E quindi, Valdaster, ci sarebbero dei problemi?” chiese l’elfo stupito.
“Ma si, vedi Fëaringel, non è che qui non ti si possa insegnare più nulla. Anzi, so che anche tu possiedi un grande margine di miglioramento. Il fatto è che non potrei mai essere io il tuo insegnante!”, disse Valdaster.
“Non vedo il perché!”, protestò Fëaringel.
“Non è certo un problema di abilità. Il fatto è che se la spada la so usare meglio di un demonio, non è altrettanto buona la mia abilità di insegnante. Quello che voglio dirti è che io saprei cosa insegnarti; solo che non so COME trasmettertelo!”, spiegò Valdaster.
“La cosa mi suona un po’ ridicola. E allora la scuola di spada?”, disse l’elfo.
“Si, certo, la scuola. Ma vedi, ci sono anche altri fattori perturbanti. Il primo è che io sono un diavolo con le due sciabole, una lunga ed una corta. Tu invece mi chiedi di insegnarti ad usare uno spadone o poco meno. E va bene, anche se non è la mia specialità qualche dritta te la posso dare. Ma il fatto è che io insegno principalmente a un gruppo di dieci, dodici spadaccini esperti, che a loro volta trasmettono le conoscenze alle classi di spada. Poi mi faccio vivo, di tanto in tanto, per delle dimostrazioni o per fare da sparring partner. Insegno con l’esempio, non con la didattica. Non ho mai preso un allievo in tutorato singolo, e soprattutto un allievo già quasi perfetto come te e per di più un Elfo. Non saprei davvero come trasmetterti il mio sapere. Posso assegnarti un maestro, se vuoi. Qualcosa la potresti certamente imparare, non lo nego, ma io non me la sento di seguirti per due mesi e passa”.
“Capisco”, rispose Fëaringel. “Magari ci penso su un attimo, e poi ti faccio sapere; arrivederci Valdaster”. L’elfo si alzò, strinse la mano al maestro dalla lunga chioma canuta, e si avviò verso l’uscita della scuola. Si fermò a contemplarne il frontone marmoreo triangolare, il fregio in altorilievo con le figure di grandi guerrieri che abbattevano bestie feroci o sconfiggevano crudeli pirati. Un’idea riprese corpo nella mente dell’elfo.

La sera stessa, nella navata principale del Tempio di Pflarr a Sybaros, Fëaringel venne condotto alla presenza di Nemrodus. L’arcinquisitore stava seduto su uno scranno, vicino ad un tavolino di metallo. Davanti a lui, vestiti di bianco e, ovviamente, di verde, in tunica da allenamento, Vargas e Sith si scambiavano delle eleganti sequenze di fendenti e stoccate con delle spade di legno. Il sonoro rumore delle lame che cozzavano, smise di echeggiare non appena l’elfo arrivò a pochi passi da Nemrodus. Sith ripose la sua lama di legno con un rapido e formale gesto nella cintura di stoffa, ed andò a sistemarsi senza uno sbuffo o un rumore alle spalle dell’Arcinquisitore, con le braccia conserte. Vargas, dal canto suo, grondava di sudore, e si accasciò su uno sgabello, buttando in terra la spada di legno. Aveva a malapena la forza di sorridere all’amico elfo, tanto aveva il respiro mozzo per lo sforzo.
“Si, Fëaringel? C’è qualcosa che posso fare per te?”. Nemrodus si era alzato, sovrastando sia Sith che Fëaringel di tutta la testa.
“Vorrei conoscere il mio maestro, Eccellenza”, rispose l’elfo.
“Ah, quindi in meno di quarantott'ore hai cambiato idea ben due volte. Notevole. Ma sì, certo, te lo presento subito”.
Sapevi che sarei tornato da te? Impossibile... eppure... l’elfo cominciava a sentirsi inquieto. Non gli piaceva giocare con i ragni velenosi, e questo qui era davvero bello grosso.
“Vargas, Sith, vi dispiace? Grazie per la dimostrazione, ragazzi, ma devo conferire da solo con il mio amico, Lord Fëaringel”, disse Nemrodus.
“Certo Eccellenza”, disse Vargas col respiro ancora ansante. “Sith, andiamo?”.
Senza una parola, il guerriero del Sind seguì Vargas nel cortile del Tempio, lasciando solo l’elfo con Nemrodus nella vastità della sala, avvolta nella luce dorata della cupola di vetro colorato ed ambra.
“Come ti dicevo, il tuo maestro è qui con te”, disse Nemrodus.
“V-voi?”, chiese stupito Fëaringel.
“No, no, figurarsi. Non ho idea di come si tenga in mano una spada!”, replicò Nemrodus.

Balle, non ci credo nemmeno se lo vedo-

Zitta Narbeleth! Non è il momento-

Non è mai il momento, vero? Comunque ti faccio notare che ho una sete immonda-

Non dire eresie! Il sangue di questo qui te lo puoi scordare, sempre ammesso che non sia indigesto o magari pure velenoso!-

“Dicevo che il maestro che cerchi è qui, ma non lo puoi vedere. Te lo porti dietro da diversi mesi, e non te ne sei accorto”. Fëaringel a quel punto era roso dalla curiosità.
“Vedi, amico mio, c’è una persona, che negli ultimi due-trecento anni non ha quasi avuto rivali nella scherma. Soprattutto nella scherma con quella spada”. Nemrodus indicò Narbeleth, e Fëaringel perse un battito di cuore. “Non solo la ha brandita a lungo e con successo, ma è anche un elfo come te...” Fëaringel iniziava a capire dove stava andando a parare Nemrodus.
“Tu sai di chi parlo, Fëaringel. Vairembre non è stato eliminato. Non del tutto. La sua essenza è stata letteralmente bevuta dalla tua spada, ed è ancora lì, intrappolata nel Piano delle Ombre, con Narbeleth come unica finestra sul Primo Piano Materiale. Non può uscirne, non può interagire con esso, non può esistere se non come ombra, riflesso di coscienza, scheggia di un’anima, il negativo di ciò che era prima.
Ma tu puoi andare da lui, grazie alla Lama del Freddo Crepuscolo che tanto fieramente porti appesa al fianco. Non esisterà mai su tutta Mystara un allenatore tanto preparato, potente, e simile a te, per quanto a lungo tu lo possa cercare”. Suonava molto come un discorso preparato in precedenza, e solo rimandato per via delle indecisioni dell’elfo nero.
“Eccellenza, ma non sarà pericoloso?”, chiese Fëaringel.
“Oh sì. Certo. Estremamente pericoloso. Per prima cosa, il mondo delle ombre è una terra insidiosa. Quindi non dovrai mai accedervi in un luogo che non sia estremamente sicuro anche nel Primo Materiale. Inoltre, non sappiamo quali conseguenze potrebbe avere su di te, o sul rapporto misterioso che c’è tra te e la tua spada. Inoltre non è sempre possibile uscirne. O almeno, uscirne è molto più difficile che entrarvi, specie dopo che vi rimani un po’. I contorni del Primo Materiale si fanno sfumati, la porta di uscita svanisce, e tu lentamente cambi, fino a diventare ombra tu stesso. Ma sono solo ipotesi! L’unica certezza è che stai andando di fronte a Vairembre, ed entrambi avrete un’arma in mano, lui impugnando l’esatta replica della tua lama, solo forgiata d’ombra. Ti odia, e se la tua volontà non sarà d’acciaio, anziché insegnarti qualcosa tenterà di ucciderti, o di prendere il controllo del tuo corpo, o di trattenerti tra le ombre come suo schiavo, o, peggio ancora, tenterà di tornare nel Mondo Materiale, dovesse mai trovare un Avatar in grado di contenerlo. Per questo ti insegnerò delle parole di potere, e ti darò un filtro speciale, che potenzieranno la tua volontà durante la tua permanenza nel piano delle Ombre, e ti permetteranno di comandare Vairembre. Che ne dici, sei ancora intenzionato ad imparare?”, chiese Nemrodus.
“Non vedo l’ora, Eccellenza. Non vedo l’ora. Vairembre deve capire subito chi comanda sulle Ombre!”.

Fëaringel stava per giungere al Palazzo di Plumrose. Xanthos li aveva invitati a cena, per salutare Hierax che stava per ripartire per Lhynn per qualche settimana, per allenarsi a Khalpen. Guardava le ombre che si infittivano nel bel giardino della villa del principe di Ierendi, e fissava l’ampolla di vetro nero datagli da Nemrodus. Si chiese il perché di una simile mossa. Non poteva non essere gravida di conseguenze, per sé e per tutti i suoi amici. Pensò che Moran aveva ragione, quando ripeteva che l’Arcinquisitore non faceva nulla per nulla. Ripensò all’incubo vivente che era stato Vairembre, e decise che l’odio che provava per quell’essere era più forte della paura che gli incuteva. Si sarebbe spinto nelle Ombre, fino in fondo, per dimostrare a se stesso che Fëaringel poteva diventare grande, grande come nessuno prima di lui. Queste parole non gli suonarono nuove nella mente. Ebbe come la sensazione di averle già pronunciate in un lontano passato. Cercò di fare chiarezza nella sensazione di deja vù, quando la voce di Xanthos, chiara e forte come al solito, lo riportò alla realtà.

“Avanti elfo, che fai là tutto solo? Vieni, che qui c’è da divertirsi! Un brindisi per Hierax che parte!”, esclamò Xantos.
Fëaringel si riprese e, dimenticando a cosa stava pensando, si avviò verso la cima della scala di marmo...


Vergato col sangue da | 14.08.04 13:38