The Corran Keepers

Le avventurose imprese di un quartetto di eroi sul mondo fantasy di Mystara.

28.08.04

Sono lo sceriffo, io!

Non vedo l'ora che finiscano questi lavori, è la terza volta in una settimana che mi faccio questa salita. Micidiale.
Poteva costruirsela quell'Esmeron, la strada.
Quanto manca ancora per quel maledetto valico? Ah, no, da qui è a destra. Con le nuvole non si vede niente, ma dovrebbe essere vicino. Skeld mi starà aspettando da un pezzo.
Maledizione, sono fradicio di sudore. Con il vento che tira lassù mi beccherò un malanno. E poi dicono che a Ierendi fa caldo. Ah! Venissero in autunno o in inverno: può fare freddo a Ierendi. I vichinghi si troveranno anche a loro agio, ma a me il freddo non piace. Nossignore, Jeddarin sta bene al caldo. Vichinghi, puah! Toccava a Hrothgar, questo turno, ma quello e Ragnar sono al villaggio a dare lezioni di spada ai pescatori, capirai, è la scusa per restare lì a raccontar balle alla locanda. Ma quando tornano... Sono lo sceriffo, io! Quando non ci sono i Conti è a me che devono obbedire.
I Conti... non ci sono mai. A nord, hanno detto che andavano. È da quasi un mese che non ricevo loro notizie. Sulle tracce di quei vascelli con gli schiavi, hanno detto.
Spero che non si siano ficcati in qualche guaio.
Dicevano che c'entrava quel tale Edrich, e di quello c'è da avere paura, a quanto mi hanno raccontato, ha una magia potente.
La magia è veramente una cosa strana, non credo che ci capirò mai qualcosa. Soprattutto se me la spiega il Conte Icegreen. Parla anche per un'ora di fila ma non si capisce niente. L'unico che cerca di farmi capire le cose è il Conte Moran, ma credo che anche lui non ne sappia troppo. Al Conte Fëaringel non chiedo niente ché chissà cosa mi insegna... Mi ha detto che Edrich comanda i non morti come Zonta. Mi è venuto un brivido, non si scherza con i non morti...
Beh, certi non morti. Quelli che abbiamo al Corran Keep sono un'altra cosa. Sono buoni.
Vacci a capire qualcosa.
Anche quel tipo strano che stava qui qualche mese fa, quel Morgue, li studiava come se non ne avesse mai visto di simili, e sì che quello ne deve avere di esperienza, visto come... studiava... i nostri... servitori. Per Ixion! E se quel tipo fosse una spia di Edrich? Credo che questo dovrei dirlo ai Conti quando tornano.
Questa salita non finisce mai...

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24.08.04

Finalmente qualcuno che ha studiato!

“E mi dica, per lei è doloroso?”, chiese Rahab, sedendosi su un tronco pietrificato.
Notte, sopra il Corran Keep. Fresca e ventosa, piena di fruscii, del mormorio della giungla, del suono della vita, della minaccia dei predatori. Tutto, finalmente, secondo natura. Tutto come aveva desiderato Sua Eccellenza.
Di fianco a Rahab, in piedi con la schiena appoggiata ad un albero e le braccia conserte, si trovava una donna umana, alta quasi quanto lui ma dalla corporatura molto più solida. I capelli talmente chiari da essere quasi bianchi, la pelle di un intenso color rame, strani tatuaggi geometrici sulle sue guance. Altrove l’avrebbero chiamata amazzone, o più semplicemente guerriera. Non portava armi con sé, salvo una corta spada che le pendeva dal fianco destro, né indossava corazze. Eppure tutto lasciava pensare che quegli oggetti fossero per lei come il pane quotidiano.
Dopo la domanda del bibliotecario passarono cinque lunghi minuti. Nessuno aveva fretta di parlare, entrambi riflettevano, ponderavano, aspettavano di mettere a fuoco le proprie sensazioni. Le spoglie mortali che li ospitavano, così diverse tra loro, non avevano alterato il senso del tempo di due creature tanto vecchie e sagge.
Seira non stava nemmeno guardando verso Rahab. Aveva il capo reclinato di lato, e scrutava la torre del Corran Keep. Respirava ed aspettava.
“Non particolarmente, credo. Ormai è come fare uno scatto di corsa. Dopo sono un po’ affaticata, ma passa subito”, rispose Seira.
“Lo immaginavo. A suo tempo era così anche per me. Molto peggio invece la trasformazione inversa”. Rahab sorrideva, ripensando alla sua vecchia vita ed a come era finita, nel dolore e nella distruzione, nel disonore e nel terrore. Fino a che il suo vecchio amico Nemrodus non lo aveva riscattato. Gli aveva dato una seconda chance.
“Vero, vero. La forma umana per quanto utile è troppo stretta, piccola. Consuma una quantità spaventosa di energia rispetto alle dimensioni. Non ho difficoltà a dire che è come essere presi da un attacco di gastrite. E voi, milord?”. Seira sembrava felice di poter conversare finalmente con qualcuno che ai suoi occhi non apparisse come un bambino in fasce.
“Ha! Eccellente descrizione, mia cara. Davvero non avrei saputo darne una migliore. Anche se ormai i miei ricordi di allora sono molto confusi, mi pare che a me prendesse forte alla testa. Qualcosa come mangiare un chilo di crema gelata in due o tre morsi”.
Ormai Rahab rideva apertamente, godendosi la compagnia della sua nuova amica. Certo, non era venuto qui per fare conversazione, all’inizio, né per parlare con Icegreen o fare ovvie ed inutili profferte di pace. Doveva parlare con il drago, per carpire informazioni. L’idea di incontrare una simile creatura non lo spaventava più di tanto, ma mai avrebbe immaginato che questo drago fosse così vecchio e potente. Né che fosse un mutaforma! Quale meraviglia e quale saggezza!
“Ditemi, Seira, come mai una creatura tanto maestosa e potente si attarda in questo sperduto angolo di giungla?”. L’adulazione... funzionava sempre con TUTTI i draghi.
“Non certo per altruismo”, rispose lei. “I proprietari sono dei bravi ragazzi, gente onesta e leale. Ma se la sanno cavare benissimo anche senza di me. Sono simpatici, specialmente l’umano Hierax. Ha combattuto in una battaglia epocale, anni fa. Vi partecipai anche io, ma eravamo in due parti lontane dello schieramento. I miei fratelli draghi dell’ovest e del nord lo rispettano, e questo è molto raro per un umano. Uno di loro, invece, mi piace molto molto poco: l’elfo. A dispetto della sua avvenenza e di ciò che le sue azioni dicono di lui ha un cuore oscuro. Temo per il destino suo e della sua spada. Qui al Corran Keep si stanno accumulando un po’ troppi enigmi, per i miei gusti. Dopo lord Zonta ecco un Mistico di Sigil, ben DUE sa-shull tra cui quella del Cuore Pulsante, ed una strana lama delle ombre. Tra l’altro, l’elfo sta facendo qualche diavoleria di notte con i poteri della spada. Lo sento nelle mie ossa!”, esclamò Seira.
“Quindi li sta proteggendo da sé stessi?”, chiese Rahab.
“Solo in parte. In verità sono qui per assicurarmi che una cosa non si verifichi più”, rispose Seira.
“Ovvero?”, Rahab era molto curioso, ma solo di sapere se la risposta del drago sarebbe stata quella che lui si aspettava.
“Morgue. Quell’individuo non si deve più avvicinare al Corran Keep, nemmeno all’isola di Elegy. Anzi, Rahab, se avete un po’ di sale in zucca in quel di Sybaros, vi dovreste assicurare che non si presenti nemmeno a Ierendi”. Seira stava ora fissando Rahab, che si alzò dal tronco. Fecero due passi fino al bordo della radura, ad un passo dalla fine della terrazza a strapiombo sul fortino.
“E’ pericoloso”, proseguì il drago. “Sebbene forse non sia malvagio, non per il senso comune, almeno. Di certo è una minaccia, una minaccia per la vita stessa”, disse Seira.
“Dei tre Conti?”, chiese Rahab.
“La vita stessa, ho detto. Di tutti, e di tutto. LA vita, Rahab di Sybaros. Anche la tua e quella di Sua Eccellenza”.
“Capisco” disse Rahab. “Beh, ora devo andare. Cara Seira, è stato un piacere”.
“Piacere mio. Mi saluti Lord Nemrodus, appena lo vede. Gli ricordi che mi deve ancora restituire il veleno per Niqqurath”.
“Che peccato, lo abbiamo finito! Sa, i Niqqurath non sono facili da stanare”.
“Lo so, lo so. Beh, fa niente allora. Buonanotte!”.
“Buonanotte a lei”, replicò il bibliotecario con un inchino accennato.
Rahab, per forza di magia, riapparve nello studio, un tempo polveroso e buio, di Lord Zonta.
Beh, dopo tanti poppanti, beceri ed ignoranti, ecco qualcuno che ha studiato! pensò Rahab. Finalmente era ora di andare a dormire.

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23.08.04

Pensieri paralleli nell'umidità

Umido, anche oggi. E freddo, tanto, nelle ossa.
Poca luce in questo posto, la nebbia è molto fitta.
Solo la sensazione dello scontro imminente tiene svegli tutti noi.
Sono molto vicini, Fëaringel, senti i loro richiami?
Qualche pensiero sfugge al controllo dei cinque sensi all'erta e si perde nel ricordo di birre sorseggiate nella terrazza del Corran Keep
Un altro mondo.
ma poi occorre riportare anche quell'area del cervello alla nebbia e ai suoni che provengono dal canneto.
Pesci piccoli fino ad ora, facile, troppo.
Coloro che non sono morti saranno già riusciti ad avvertire qualcuno più potente e determinato. I loro comandanti.
Più rischio, Elfo, più gloria.
Le tracce vanno dritte dentro la nebbia e sono sempre più fresche. Devono essere ormai vicini,
Tutto intorno.
con tutti quei poveri disgraziati ridotti in schiavitù per essere trasformati in micidiali guerrieri.
Per servire il loro padrone.
Probabilmente combatteremo contro qualcuno di loro. Ci penserò al primo colpo di spada
Forse.
ma già al secondo starò pensando solo a come evitare i loro terribili attacchi
Fuoco, implacabile.
e al fatto che magari qualcuno può essere ancora salvato prima della trasformazione
Colpendo i suoi luogotenenti.
e possa tornare dalla sua famiglia.
E cercare di capire come arrivare fino a lui?
Te l'ho promesso.

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17.08.04

Lezioni di scherma

Attendo che tutti siano addormentati per scendere nelle grotte segrete del Corran Keep. Lì l'oscurità sarà totale per allenarsi. Narbeleth vibra al mio fianco, e il suo ronzìo anticipa la battaglia che tra poco si terrà nell'ombra.
Hai paura, Fëaringel?
L'Arcinquisitore ancora una volta mi ha sopreso con le sue pensate. Se solo non fosse per la diffidenza di Rin Galen, potremmo trarne tutti immensi vantaggi, a qualche prezzo, è certo. Piccolo, secondo me.
Abbasso la leva che apre il passaggio nella pietra e un odore di polvere e umidità mi avvolge. Entro nelle ombre della montagna e chissà come - se - ne uscirò.
Nemrodus mi ha parlato delle difficoltà dell'allenamento, della possibilità di fallimento e dei rischi che avrebbe comportato battermi con il mio nuovo maestro di spada, ma adesso è tardi perché possa ripensarci, la sfida è troppo eccitante.
Il filtro di Nemrodus è amaro e sembra avere un effetto inebriante come una sbronza leggera, oppure sarà tutta questa oscurità che già mi fa desiderare l'alba sulla terrazza, ma è solo una sensazione passeggera, il freddo mi avvolge e mi scuote dal torpore e l'oscurità sembra farsi più nera.
Narbeleth è comparsa nella mia mano senza che mi rendessi conto di averla sfoderata, ma è fatta di fumo, di ombra pura e mi rendo conto di aver fatto il salto. Nell'ombra più cupa di questo mondo parallelo vedo in lontananza una figura che si avvicina a passo lento.
Eccolo!
Narbeleth sembra avere un lampo di nostalgia nel rivedere colui che fu il suo padrone per molto tempo prima di me. Il più abile spadaccino che abbia mai calcato questa terra a memoria d'uomo.
Il mio nuovo Maestro di spada.
Vairembre si avvicina a passi silenziosi e si ferma con il viso a pochi centimetri dal mio. I suoi occhi fiammeggianti promettono qualcosa di più di qualche insegnamento. Nella sua mano tiene una replica esatta di Narbeleth - ma siamo sicuri che sia una replica? -.
Per il tempo di qualche respiro ci fronteggiamo diffidenti. Tra di noi sembra esserci un muro invisibile che gli impedisce di distruggermi in pochi istanti, ma credo che sia un muro molto sottile.
Poi con un urlo mi scaglio contro di lui.
E lui fa altrettanto.
Veloce, troppo veloce! Una! Due! Tre volte mi colpisce e mi fa indietreggiare. Non riesco a parare nemmeno un colpo e ad ogni affondo sento il suo respiro graffiante e Narbeleth che ulula impazzita.
Quattro!
La facilità con cui va a segno è impressionante. Cinque!
Dove sto sbagliando? Un flash: periferia di Darokin, qualche millennio fa. Sei colpi, uno dopo l'altro, tutti a segno, tutti in punti vitali e la luce che mi abbandona mentre il mio ultimo pensiero è una cantilena ipnotica che avvolge il mio cervello...
Quel ritmo... la mia lama in affondo...
Il sesto colpo è mio.
Mi fissa stupito.
- Tieni la guardia più alta. - dice.

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Corso di spada. Parte 3: "Una mattina, dietro le quinte"

L'alba è ancora lontana a Ierendi. Valdaster è fuori dalla sua scuola in impaziente attesa. L'umidità gli entra lentamente nelle ossa. Ogni tanto si dà dei colpi sul corpo e sulle braccia per togliersi il freddo di dosso. Lo sguardo in lontanza cerca di oltrepassare il velo che si è posato sulla città. Un velo non abbastanza fitto da potersi chiamare nebbia, ma neanche abbastanza sottile da potersi definire foschia. Per un istante il dubbio che la "nebbia" non sia di origine esattamente naturale balena nella testa del maestro di spade, ma allontana subito il pensiero dalla mente.
Un rumore di zoccoli attutito si sente in lontananza. Una carrozza si avvicina lentamente. Solo un occhio attento e vicino potrebbe scorgere i colori della Torre di Sybaros. Chissà perchè Egli - sempre sia lodato - ha richiesto un incontro così insolito.
Finalmente la carrozza si ferma. Il cocchiere scende e, aprendo la porta, invita Valdaster ad accomodarsi al'interno.
"Eccellenza."
L'Arcinquisitore Nemrodus saluta il maestro di spade con un movimento della testa. "Caro Valdaster, sono lieto che tu abbia potuto riservarmi un po' del tuo importantissimo tempo e in un orario così insolito. Purtroppo la mia giornata è così impegnata... Volevo ringraziarti per come hai gestito le cose con il caro Fëaringel."
Valdaster, poco avezzo ai complimenti, appare di colpo imbarazzato "Ehm... veramente... io... mi sono limitato a..."
Nemrodus lo interrompe con un gesto della mano "Hai prestato un grande servigio alla Torre. Non potevamo permetterci che Fëaringel rimanesse occupato un mese intero a studiare scherma. Una missione importante lo attende." Infila la mano sotto il mantello e ne estrae un sacchetto contentente monete d'oro. "Non voglio che un favore possa causare la perdita di un compenso."
"Ma vermanente....non deve disturbarsi..."
"Nessun disturbo! ACCETTA questo risarcimento." Consegna il sacchetto e con un gesto della testa lo invita a chiudere la conversazione e ad uscire dalla carrozza.
La carrozza si allontana lentamente con il rumore degli zoccoli attutito. Sparisce dentro la "nebbia". Valdaster si volta per entrare nella sua scuola e, distratto dai suoi pensieri, non si accorge di come la "nebbia" si dissolva velocemente...

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14.08.04

Corso di spada. Parte 2: “Un Maestro dimenticato”

Fëaringel ripensava al discorso avvenuto la mattina precedente, percorrendo l’unico ed infinito corridoio nel quale erano state trasformate le spire della Torre di Sybaros. La porta dell’ufficio di Nemrodus era ormai vicina.

“Tu devi esserti bevuto quel poco di elfico cervello che eri riuscito a conservare!”, aveva sbottato Moran.
“La cosa mi fa un certo ribrezzo, ma il Ladro ha ragione. Per una volta che potevamo comandare noi, ti sei giocato il credito acquisito. Per ottenere cosa, mi chiedo!”. Ice li aveva raggiunti con un sacchetto di mele, e le stava distribuendo lanciandole in mano ai suoi amici. Non sembrava eccessivamente risentito del gesto di Fëaringel, ma non doveva nemmeno averlo apprezzato, se la cosa lo aveva spinto a dare pubblicamente ragione a Moran.
“Vuoi sapere cosa farei io?”. Hierax, la voce della saggezza. Uno che non gli era saltato addosso, ma che aveva proposto delle soluzioni. “Io andrei da Nemrodus a dirgli che ci hai ripensato, e poi andrei dritto filato da Valdaster. Per due motivi: primo, se c’è un uomo su questa terra che tiene una spada in mano meglio di me e di Ashoka, quello è lui. E, secondo, abbiamo sudato sangue assieme per uccidere Ferlha Morrh. Per lui siamo come fratelli ormai. Non ti negherà il suo aiuto e ci metterà tutto l’impegno di cui è capace”.

Ci aveva dormito sopra una notte, ed infine si era risolto a parlare con Nemrodus. La porta dell’ufficio dell’Arcinquisitore si stava or ora aprendo davanti a lui.
“Avanti, Fëaringel. Devi dirmi qualcosa?”.
Beh, QUESTO era insolito. Nemrodus stava beatamente giocando a tirare una palla di pelle bordeaux dentro un piccolo cerchio con una retina sul bordo, appeso di fianco alla sua scrivania. Mise la palla a posto ed attese la risposta dell’elfo.
“Eccellenza, le volevo dire che ci ho ripensato”, disse Fëaringel.
“Ma davvero? E a che cosa avresti ripensato?”, chiese Nemrodus.
“Al maestro di spada. Pensavo che non voglio prendere un impegno tanto serio e prolungato con un maestro di vostra fiducia, anche se non ho ben capito chi lei intendesse proporre”. Pausa. Fëaringel aspettava un’interruzione, ed invece Nemrodus rimase zitto a guardarlo e attese.
“Preferirei”, proseguì Fëaringel, “un maestro più ortodosso. Pensavo a Valdaster Cirya e quindi... beh, guardi, non è per sembrare scortese o ingrato ma io...”
“Nooo, no, hah, humpf, Fëaringel, vedi, non ti devi giustificare con me. Capisco che sei in imbarazzo. Prima mi dici di sì, poi mi dici di no, un po’ non ti fidi di me, un po’ hai paura a dirmelo. Ma sta tranquillo, è tutto a posto. Nessuno appenderà la tua anima ad asciugare da un terrazzo di Sigil solo perché ti sei pentito di una scelta. Certo, mi avrebbe fatto piacere averti ospite qui a Sybaros. Non ci vediamo che a spizzichi e bocconi, impegnati come siamo. Però sì, dai, tranquillo! Non è successo niente e non sono offeso. Anzi, mi complimento con te per la scelta. Valdaster è davvero un eccellente spadaccino. Buon pro ti faccia averlo designato come tuo maestro! Ora, c’è altro che devi dirmi?”.
“Uh? Eh? Che? Io... no... no, no! Va bene così eccellenza. Ecco, solo che non mi aspettavo... ma va bene, va bene, mi fa piacere che non vi siate risentito. Piuttosto, il mio credito presso di voi?”, chiese l’elfo.
“Intatto ed immacolato. Ti devo ancora un favore. Ora, se non ti secca, dovresti andare via. Sono molto occupato. Buona giornata, ragazzo mio! ”, concluse Nemrodus.
Mentre l’elfo si allontanava, credette di udire un rumore provenire dall’ufficio di Nemrodus. Ritmico e cadenzato come un orologio. Come di una palla che sbatte sul pavimento. Si chiese quanto fosse veramente impegnato l’Arcinquisitore...

“E quindi, Valdaster, ci sarebbero dei problemi?” chiese l’elfo stupito.
“Ma si, vedi Fëaringel, non è che qui non ti si possa insegnare più nulla. Anzi, so che anche tu possiedi un grande margine di miglioramento. Il fatto è che non potrei mai essere io il tuo insegnante!”, disse Valdaster.
“Non vedo il perché!”, protestò Fëaringel.
“Non è certo un problema di abilità. Il fatto è che se la spada la so usare meglio di un demonio, non è altrettanto buona la mia abilità di insegnante. Quello che voglio dirti è che io saprei cosa insegnarti; solo che non so COME trasmettertelo!”, spiegò Valdaster.
“La cosa mi suona un po’ ridicola. E allora la scuola di spada?”, disse l’elfo.
“Si, certo, la scuola. Ma vedi, ci sono anche altri fattori perturbanti. Il primo è che io sono un diavolo con le due sciabole, una lunga ed una corta. Tu invece mi chiedi di insegnarti ad usare uno spadone o poco meno. E va bene, anche se non è la mia specialità qualche dritta te la posso dare. Ma il fatto è che io insegno principalmente a un gruppo di dieci, dodici spadaccini esperti, che a loro volta trasmettono le conoscenze alle classi di spada. Poi mi faccio vivo, di tanto in tanto, per delle dimostrazioni o per fare da sparring partner. Insegno con l’esempio, non con la didattica. Non ho mai preso un allievo in tutorato singolo, e soprattutto un allievo già quasi perfetto come te e per di più un Elfo. Non saprei davvero come trasmetterti il mio sapere. Posso assegnarti un maestro, se vuoi. Qualcosa la potresti certamente imparare, non lo nego, ma io non me la sento di seguirti per due mesi e passa”.
“Capisco”, rispose Fëaringel. “Magari ci penso su un attimo, e poi ti faccio sapere; arrivederci Valdaster”. L’elfo si alzò, strinse la mano al maestro dalla lunga chioma canuta, e si avviò verso l’uscita della scuola. Si fermò a contemplarne il frontone marmoreo triangolare, il fregio in altorilievo con le figure di grandi guerrieri che abbattevano bestie feroci o sconfiggevano crudeli pirati. Un’idea riprese corpo nella mente dell’elfo.

La sera stessa, nella navata principale del Tempio di Pflarr a Sybaros, Fëaringel venne condotto alla presenza di Nemrodus. L’arcinquisitore stava seduto su uno scranno, vicino ad un tavolino di metallo. Davanti a lui, vestiti di bianco e, ovviamente, di verde, in tunica da allenamento, Vargas e Sith si scambiavano delle eleganti sequenze di fendenti e stoccate con delle spade di legno. Il sonoro rumore delle lame che cozzavano, smise di echeggiare non appena l’elfo arrivò a pochi passi da Nemrodus. Sith ripose la sua lama di legno con un rapido e formale gesto nella cintura di stoffa, ed andò a sistemarsi senza uno sbuffo o un rumore alle spalle dell’Arcinquisitore, con le braccia conserte. Vargas, dal canto suo, grondava di sudore, e si accasciò su uno sgabello, buttando in terra la spada di legno. Aveva a malapena la forza di sorridere all’amico elfo, tanto aveva il respiro mozzo per lo sforzo.
“Si, Fëaringel? C’è qualcosa che posso fare per te?”. Nemrodus si era alzato, sovrastando sia Sith che Fëaringel di tutta la testa.
“Vorrei conoscere il mio maestro, Eccellenza”, rispose l’elfo.
“Ah, quindi in meno di quarantott'ore hai cambiato idea ben due volte. Notevole. Ma sì, certo, te lo presento subito”.
Sapevi che sarei tornato da te? Impossibile... eppure... l’elfo cominciava a sentirsi inquieto. Non gli piaceva giocare con i ragni velenosi, e questo qui era davvero bello grosso.
“Vargas, Sith, vi dispiace? Grazie per la dimostrazione, ragazzi, ma devo conferire da solo con il mio amico, Lord Fëaringel”, disse Nemrodus.
“Certo Eccellenza”, disse Vargas col respiro ancora ansante. “Sith, andiamo?”.
Senza una parola, il guerriero del Sind seguì Vargas nel cortile del Tempio, lasciando solo l’elfo con Nemrodus nella vastità della sala, avvolta nella luce dorata della cupola di vetro colorato ed ambra.
“Come ti dicevo, il tuo maestro è qui con te”, disse Nemrodus.
“V-voi?”, chiese stupito Fëaringel.
“No, no, figurarsi. Non ho idea di come si tenga in mano una spada!”, replicò Nemrodus.

Balle, non ci credo nemmeno se lo vedo-

Zitta Narbeleth! Non è il momento-

Non è mai il momento, vero? Comunque ti faccio notare che ho una sete immonda-

Non dire eresie! Il sangue di questo qui te lo puoi scordare, sempre ammesso che non sia indigesto o magari pure velenoso!-

“Dicevo che il maestro che cerchi è qui, ma non lo puoi vedere. Te lo porti dietro da diversi mesi, e non te ne sei accorto”. Fëaringel a quel punto era roso dalla curiosità.
“Vedi, amico mio, c’è una persona, che negli ultimi due-trecento anni non ha quasi avuto rivali nella scherma. Soprattutto nella scherma con quella spada”. Nemrodus indicò Narbeleth, e Fëaringel perse un battito di cuore. “Non solo la ha brandita a lungo e con successo, ma è anche un elfo come te...” Fëaringel iniziava a capire dove stava andando a parare Nemrodus.
“Tu sai di chi parlo, Fëaringel. Vairembre non è stato eliminato. Non del tutto. La sua essenza è stata letteralmente bevuta dalla tua spada, ed è ancora lì, intrappolata nel Piano delle Ombre, con Narbeleth come unica finestra sul Primo Piano Materiale. Non può uscirne, non può interagire con esso, non può esistere se non come ombra, riflesso di coscienza, scheggia di un’anima, il negativo di ciò che era prima.
Ma tu puoi andare da lui, grazie alla Lama del Freddo Crepuscolo che tanto fieramente porti appesa al fianco. Non esisterà mai su tutta Mystara un allenatore tanto preparato, potente, e simile a te, per quanto a lungo tu lo possa cercare”. Suonava molto come un discorso preparato in precedenza, e solo rimandato per via delle indecisioni dell’elfo nero.
“Eccellenza, ma non sarà pericoloso?”, chiese Fëaringel.
“Oh sì. Certo. Estremamente pericoloso. Per prima cosa, il mondo delle ombre è una terra insidiosa. Quindi non dovrai mai accedervi in un luogo che non sia estremamente sicuro anche nel Primo Materiale. Inoltre, non sappiamo quali conseguenze potrebbe avere su di te, o sul rapporto misterioso che c’è tra te e la tua spada. Inoltre non è sempre possibile uscirne. O almeno, uscirne è molto più difficile che entrarvi, specie dopo che vi rimani un po’. I contorni del Primo Materiale si fanno sfumati, la porta di uscita svanisce, e tu lentamente cambi, fino a diventare ombra tu stesso. Ma sono solo ipotesi! L’unica certezza è che stai andando di fronte a Vairembre, ed entrambi avrete un’arma in mano, lui impugnando l’esatta replica della tua lama, solo forgiata d’ombra. Ti odia, e se la tua volontà non sarà d’acciaio, anziché insegnarti qualcosa tenterà di ucciderti, o di prendere il controllo del tuo corpo, o di trattenerti tra le ombre come suo schiavo, o, peggio ancora, tenterà di tornare nel Mondo Materiale, dovesse mai trovare un Avatar in grado di contenerlo. Per questo ti insegnerò delle parole di potere, e ti darò un filtro speciale, che potenzieranno la tua volontà durante la tua permanenza nel piano delle Ombre, e ti permetteranno di comandare Vairembre. Che ne dici, sei ancora intenzionato ad imparare?”, chiese Nemrodus.
“Non vedo l’ora, Eccellenza. Non vedo l’ora. Vairembre deve capire subito chi comanda sulle Ombre!”.

Fëaringel stava per giungere al Palazzo di Plumrose. Xanthos li aveva invitati a cena, per salutare Hierax che stava per ripartire per Lhynn per qualche settimana, per allenarsi a Khalpen. Guardava le ombre che si infittivano nel bel giardino della villa del principe di Ierendi, e fissava l’ampolla di vetro nero datagli da Nemrodus. Si chiese il perché di una simile mossa. Non poteva non essere gravida di conseguenze, per sé e per tutti i suoi amici. Pensò che Moran aveva ragione, quando ripeteva che l’Arcinquisitore non faceva nulla per nulla. Ripensò all’incubo vivente che era stato Vairembre, e decise che l’odio che provava per quell’essere era più forte della paura che gli incuteva. Si sarebbe spinto nelle Ombre, fino in fondo, per dimostrare a se stesso che Fëaringel poteva diventare grande, grande come nessuno prima di lui. Queste parole non gli suonarono nuove nella mente. Ebbe come la sensazione di averle già pronunciate in un lontano passato. Cercò di fare chiarezza nella sensazione di deja vù, quando la voce di Xanthos, chiara e forte come al solito, lo riportò alla realtà.

“Avanti elfo, che fai là tutto solo? Vieni, che qui c’è da divertirsi! Un brindisi per Hierax che parte!”, esclamò Xantos.
Fëaringel si riprese e, dimenticando a cosa stava pensando, si avviò verso la cima della scala di marmo...

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13.08.04

Corso di spada. Parte 1: "Qualche pettegolezzo di Sua Eccellenza e… La richiesta dell’elfo nero."

“Bene, cari amici. Mi avete levato un bell’affanno!”. L’atmosfera, nella sala delle udienze di Sybaros, era rilassata come non accadeva da tanto tempo. Era piena estate, la flotta era quasi al completo, ed il commercio con Minrothad fioriva come non mai. Queste cose, a quanto pare, avevano un bell’effetto persino su Sua Eccellenza. Sorrideva (dietro la maschera, presumibilmente), e guardava fuori dalla finestra con atteggiamento assorto e sognatore. Il che, nel pratico e cittadino cervello di Moran, era il segnale di una grossa fregatura in arrivo per loro.
“Eccellenza, chiediamo venia se la riportiamo così bruscamente a questioni meno gaie del sole sulla baia, ma avremmo una certa premura di sapere qualcosa in più su Lord Hedric. Sa, abbiamo avuto a che fare con le “appendici” del suo operato, e ci hanno quasi mandato all’altro mondo. Come vede la cosa ha una certa rilevanza ai nostri occhi”.
Formale, ma dritto al sodo. Tipico di Fëaringel. L’elfo aveva sempre meno paura di schiacciare teste di vipera o di destare vespai, nelle sue interazioni con l’Arcinquisitore. Anche questo suonava nel cervello di Moran più o meno come “ok, accettiamo qualunque fregatura ci vorrà proporre, milord”. Il Ladro sospirò. Aveva già un piede sulla soglia, e stava per congedarsi. Tornò indietro e si accasciò su un orrido puff di velluto.
“Ah, Fëaringel, ragazzo mio. Se non ci fossi tu a contagiarmi con l’entusiasmo della tua giovane età. Su Vargas non ci posso certo contare. A forza di lavorare qui è diventato un vecchio gufo borbottone proprio come me!”.
Dannato istrione. Sempre sul palco, a recitare la parte del Capofamiglia afflitto…”. Icegreen trovava difficile celare il proprio sdegno per quella che nel suo inarrestabile ed egocentricissimo cervello suonava come una farsa. Finse di guardare in fondo alla propria tazza di thè per mascherare i suoi pensieri, alla ricerca di briciole di biscotto o semi di limone sperduti.
L’Arcinquisitore si alzò e, voltate loro le spalle, guardò fuori dalla finestra, raccogliendo le idee.
Eccolo, adesso attacca. Si è messo in posa scenica. Sentiamo che ha da dirci”. Rimuginò il mago.
“Lord Hedric… ehm… Hedric, ha almeno duemila anni, forse di più. Fu ucciso tanto tempo fa da… indovina un po’ Fëaringel?”.
“Hmm…non so….da te?”. L’elfo aveva spudoratamente dato del tu a Lord Nemrodus. Moran sgranò gli occhi, e Hierax mascherò a stento un sorriso. “Un punto per te, elfo nero!”, pensò il mistico.

“Quasi azzeccato”, disse Nemrodus senza perdere il ritmo del discorso. “Fu il… precedente Arcinquisitore ad ucciderlo, sebbene allora l’Inquisizione, e cioè Sybaros, avesse la sola Manifestazione Materiale a Sigil e non ancora quella a Ierendi. L’Arcinquisitore nascose un’arma, la Lancia che Hedric aveva usato per combattere lui e migliaia di nemici prima di lui nel luogo che riteneva più sicuro. Il tempio dove stavano le anime di coloro che Hedric aveva tradito. Le vincolò alla difesa dell’Arma con la Maledizione della Gabbia, e queste dovettero obbedire”.
Hierax, al suono del nome della Maledizione Innominabile, sbiancò come un cencio. Evidentemente nei suoi viaggi a Sigil aveva sentito parlare di quell’incantesimo.
“Sarion, il cavaliere nero che avete incontrato intendo dire, non sarebbe mai riuscito ad arrivare intero alla fine del Tempio. La furia delle anime si sarebbe destata contro di lui in modo terribile, essendo un servo di Hedric. Questo mi lascia pensare che Hedric non abbia detto molto ai suoi servi circa la sua natura ed il suo vero potere. Forse è solo una manifestazione di energia malvagia, senza forma, ed i suoi servi, chierici del Lupo o chissà quali altre strane identità, non sospettano chi stanno risvegliando. Hedric potrebbe benissimo essere stato un alto sacerdote di Loki ed Hel, forse il capo dell’intero culto. Questo lo renderebbe un nemico da prendere con le molle, io presumo. La sua potenza era grande, e ancor maggiore deve essere diventata in questi due millenni passati a covare odio, disincarnato e rinchiuso in qualche Piano Esterno. Ecco perché...”, - ecco la fregatura!- pensò Moran, “...ecco perché vi dico che se volete potete lasciare la Lancia qui a Sybaros! Consideratela sempre a vostra disposizione. Qui è solo in custodia, nella nostra Sacra Armeria. Potete richiedercela indietro in qualunque momento, e nessuno di noi alzerà un solo sopracciglio per protestare. La Lancia è una specie di richiamo, per Hedric ed i suoi servi, e tenervela addosso non potrà che causarvi guai. Non so a cosa gli serva, francamente. Ma solo il fatto che la stava cercando è un buon motivo per tenercela noi, per studio ed analisi. Che io mi ricordi non è un’arma eccessivamente potente. Quindi non è per il suo uso in battaglia che il nostro nemico la vuole”.
Incredibile. Nessuna fregatura, anzi! Moran pensò che si sarebbe svegliato tutto sudato a Corran Keep da un momento all’altro.
“Tuttavia...”, -ah no, ecco, mi sembrava, la fregatura ci doveva essere-, continuò a pensare Moran “…tuttavia il rischio lo avete corso, le iniziative le avete prese, e tutto questo senza una parola di richiesta (né tantomeno di biasimo, anzi), da parte mia. Quindi mi sembra giusto offrirvi la mia gratitudine. Vi devo un favore, come vi dicevo all’inizio. Mi avete proprio tolto una bella gatta da pelare e mi sembra giusto offrirmi di ricambiare. C’è qualcosa che posso fare per voi?”.
Impossibile! Non solo non tenta di fregarci, ma ci offre una ricompensa! Moran si guardava attorno come chi cerca di individuare i sicari dietro le tende. Il pensiero che prese forma nella sua bocca fu: “Eccellenza. La ringraziamo per la sua gentilezza. Io, personalmente, sto bene così. Terrò presente la sua offerta, ma mi accontento di ciò che già possiedo e so”.
“Molto saggio, Moran, e molto cortese. E tu Ice? Desideri qualcosa? Chiedi pure, non fare complimenti!”, disse Nemrodus.
“Eccellenza, (-tronfio spaccone!-), anche io, come Moran, ho già tanto cibo per il mio pensiero. Vi chiedo tempo per pensarci, solo questo”.
“E sia. Hierax, e tu? Non vorrai lasciare un povero vecchio brontolone senza la possibilità di sdebitarsi”. Il tono di Nemrodus era quasi sdolcinato.
“No eccellenza. Io non ho mai chiesto nulla a nessuno. Non per me almeno. Ed i miei cari sono al di là persino della portata del vostro braccio, a meno che esso non sia divenuto più lungo di quanto ci lasciate intendere”. La replica di Hierax era forse un po’ arrogante nel contenuto, ma sinceramente preoccupata nel tono. Qualcosa, forse l’accenno all’innominabile Incantesimo, lo aveva preoccupato.
“Fëaringel, sei la mia ultima speranza di dormire sonni tranquilli, nelle poche ore che mi concederò stanotte. Nemmeno tu hai niente da chiedere al potere di Sybaros?”.
“Certo, Eccellenza, che ho qualcosa da chiedere!”.
Cooooooooooooooosaaaaaaaaaa??? Tutti e tre, Moran, Hierax ed Icegreen pensarono la stessa cosa, all’unisono, talmente forte che anche Rahab ad Elegy doveva essersene accorto.
“Mi chiedevo se non fosse possibile ottenere la collaborazione di un qualche maestro di spada, qui a Sybaros. Con tanto fior di guerrieri, ce ne sarà pur uno più bravo di me, e che sia in grado di portarmi al suo livello!”. Spavaldo.
“Ma certo, Fëaringel. Ho proprio in mente la persona giusta per te!”.
Eccolo, di nuovo. Sembra una tigre che si lecca i baffi prima di squartare una gazzella che beve al fiume. Pensò Ice Green.
“Ah si?”, disse Fëaringel, “E chi sarebbe?”.
“Si trova qui, proprio in questa stanza, vicino a te!”, concluse Nemrodus.
Ecco la fregatura, mi sembrava strano. Moran, disperato, guardò la porta della stanza e pensò che aveva fame, e che l’ora di pranzo era passata da un pezzo. Forse era meglio farsi fregare a stomaco pieno…

Vergato col sangue da | 12:05 | Commenti(0)